A volte ritornano, anzi spesso. Sono gli abbonati ai servizi di streaming video premium che a un certo punto decidono di bloccare il rinnovo automatico mensile della propria offerta facilitati dalle formule agili di abbonamento senza vincoli arrivate con Netflix e gli altri. Finora si è guardato all'abbandono, al cosiddetto churn rate, in maniera lorda, senza considerare che dopo qualche mese una certa percentuale di utenti in realtà si riabbona al servizio. La società di ricerche di mercato Antenna ha proposto così un altro modo di guardare al tasso di abbandono: calcolare quello netto, ovvero sottrarre dalle cancellazioni il numero di reiscrizioni.
La molla scatta con la serie di richiamo o con lo sport
D'altronde questo è un fenomeno noto a chiunque faccia uso di servizi su abbonamento. Nel caso dello streaming di solito c'è una sottoscrizione che tende a restare fissa (Netflix molto spesso, alla stregua di una utility) e poi altre che si aggiungono in determinati momenti: perché parte una serie tv di richiamo o la nuova stagione di uno show già seguito, oppure perché riprende la stagione sportiva.
Antenna ha calcolato che su 169 milioni di acquisizioni lorde delle piattaforme subscription video on demand fra settembre 2023 e agosto 2024, 57 milioni, il 34%, sono riconducibili a «resuscribers» che avevano cancellato l'abbonamento entro i precedenti 12 mesi, un utente su tre.
La resurrezione degli abbonati
Un abbonato e tante vite dentro la piattaforma, con doppie e triple resurrezioni. L'analisi sul mercato americano (valida non solo per il video) mostra che l'89% dei sottoscrittori di Netflix ha una sola vita, ovvero dal 2022 a oggi è sempre lì, senza reiscrizioni, il 7% si è riabbonato almeno una volta e il 4% almeno due volte, ha quindi tre vite al suo attivo. Chi, al contrario, ha percentuali più alte di abbonati con seconde e terze vite sono piattaforme come Max e Apple Tv+: servizi di rilievo in quanto a contenuti ma spesso secondi abbonamenti che si attivano con l'arrivo di titoli di richiamo. Analizzare il tasso di abbandono netto anziché quello lordo consente di vedere il bicchiere meno vuoto: Apple Tv+ passerebbe da un churn rate lordo del 6,7% a uno netto del 3,8%.
Comunque è un problema per gli operatori
Ciò non toglie che l'abbandono, anche stagionale, degli abbonati resta uno dei problemi più importanti che il settore deve affrontare. Questo fenomeno diventa «accettabile», secondo Antenna in due casi: lo schema è prevedibile e si possono costruire strategie per ridurlo; oppure non è necessaria una spesa addizionale di marketing per stimolare il ri-abbonamento.
Imparare da palestre e dating
Le strategie possono essere diverse, imparando da altri settori dove l'abbandono e il ri-abbonamento sono la norma: palestre, applicazioni di dating o di controllo del peso. La società di ricerca propone per esempio di offrire pacchetti annuali con forti sconti rispetto alla fatturazione mensile: «se sai che il tuo utente probabilmente resterà solo per 5 mesi, puoi fissare un prezzo di 7 mesi e avere un risultato positivo, offrendo comunque uno sconto del 40% sul prezzo mensile», spiega Rameez Tase, cofondatore e presidente di Antenna, una strategia già adottata da alcuni servizi anche in Italia. Ancora, Tase propone quote di iscrizione come fanno le palestre, il contrario della prova gratuita, oppure il bundle con servizi aggiuntivi.
Soprattutto, servono team di marketing specializzati nella segmentazione e fidelizzazione degli utenti: «se sai quali gruppi di utenti torneranno e per quale motivo, dovresti essere in grado di generare quella nuova iscrizione con circa 0 costi di marketing aggiuntivi, magari con una semplice e-mail, un sms o una telefonata».