«Il lavoro è un valore costituzionale. E la scuola non può essere un mondo a parte, che ignora cosa accade fuori dalle aule. Orientare i ragazzi, perché facciano scelte consapevoli nella prosecuzione degli studi, significa individuare i loro talenti e valorizzarli ma anche parlare di cosa li attende nel mondo del lavoro». Così il ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, intervenuto all’inaugurazione del Salone dello studente di Roma, ha spiegato le ragioni del nuovo piano di orientamento per gli studenti di terza media messo in campo in questi giorni con una lettera alle famiglie, allegati anche i dati occupazionali forniti dalle principali associazioni datoriali. Una piccola rivoluzione che ha fatto storcere la bocca a sinistra, «ma solo da noi in Italia vi è questa avversione di alcuni partiti alla parola lavoro», replica Valditara. E in merito alle polemiche per il suo intervento alla presentazione della Fondazione Cecchettin, Valditara ribadisce: «Rivendico quanto detto, i femminicidi sono la punta di un iceberg che è fatto di maschilismo, di mancanza di rispetto verso la donna, di discriminazione, di aree di devianza e di marginalità sociale. È su tutto questo che dobbiamo lavorare e noi lo stiamo facendo per garantire sicurezza, libertà e dignità a ogni donna».
Domanda. Perché ha deciso di far partire l’orientamento dei ragazzi di terza media con una lettera ai genitori?
Risposta. Si tratta di una iniziativa coerente con il valore che attribuiamo all’orientamento. Non è un caso che abbiamo introdotto sin dal nostro insediamento le figure dei docenti tutor e orientatori, che sono funzionali a personalizzare, in collaborazione con gli insegnanti dell’intera classe, la didattica, per sostenere chi ha bisogno di aiuto e chi invece può correre, ma anche per aiutare i ragazzi nella scelta del percorso di studi più adatto alle loro inclinazioni e alle loro aspirazioni. In questo scenario, è importante anche il dialogo con le famiglie.
D. Ma perché allegare i dati sulle prospettive occupazionali?
R. Abbiamo chiesto alle principali associazioni di categoria di indicare le stime occupazionali per i diversi profili. Da cui emerge un mismatch preoccupante tra offerta e domanda di lavoro. Nei prossimi quattro anni si stima che quasi mezzo milione di posti di lavoro resti scoperto per carenza di profili professionali adeguati. E questo è un danno per la competitività delle imprese ma anche per i nostri ragazzi a cui rischiamo di rubare prospettive di lavoro che invece possono essere interessanti e realizzanti. Ecco perché è giusto informare innanzitutto le famiglie su quali sono le prospettive dei diversi indirizzi.
D. Questo non rischia di svilire i sogni dei giovani?
R. No, i giovani, e ne incontro tanti nelle scuole, devono coltivare i loro sogni. Esistono tante intelligenze diverse, tante diverse inclinazioni, e sono tutte meritevoli di essere perseguite. Ritengo che sia compito della scuola orientare i ragazzi perché facciano scelte consapevoli nella prosecuzione degli studi, e questo significa individuare i loro talenti e valorizzarli ma anche parlare di cosa li attende nel mondo del lavoro, di quali sono i profili più richiesti e più coerenti con le loro potenzialità.
D. Con la riforma del 4+2, aprite le porte alle imprese anche nell’aggiornamento dei curricula.
R. La sperimentazione dell’istruzione tecnica e professionale in quattro anni invece che in 5 non condensa i programmi togliendo un anno ma mette in campo programmi nuovi, che tengono anche conto di come sta cambiando il mondo produttivo. Puntiamo sulla qualità piuttosto che sulla quantità. E in questo, il dialogo con il mondo delle imprese è importante. Al tempo stesso però potenziamo italiano, matematica e inglese, perché sono materie base importanti nelle quali tra l’altro maggiori sono le difficoltà registrate dagli studenti. Quindi programmi potenziati ed aggiornati, dopo i quali scegliere di proseguire con i due anni degli Its, oppure con l’università o accedere direttamente al mondo del lavoro.
D. Cosa risponde a chi a sinistra rivendica che lavoro e scuola devono restare mondi separati?
R. Il lavoro è un valore costituzionale. E la scuola non può essere un mondo a parte, che ignora cosa accade fuori dalle aule. Dobbiamo dare ai nostri studenti tutti gli strumenti perché possano crescere cittadini liberi e realizzati. Tra l’altro solo da noi in Italia vi è questa avversione di alcuni partiti e di qualche sindacato al rapporto fra scuola e imprese, quando ne parlo nei consessi internazionali anche per i ministri di area progressista, dalla Germania agli Usa di Biden, è un fatto scontato che scuola e impresa dialoghino. Per noi è una piccola rivoluzione, per loro un fatto scontato.
D. Restando ai temi di attualità, le sue parole sui femminicidi alla presentazione della Fondazione Cecchettin sono state molto criticate del centrosinistra.
R. Mi permetta innanzitutto una premessa. Quando un fantoccio con la mia immagine è stato dato alle fiamme in un corteo studentesco a Torino, quando ancora in queste ore sono comparse nuove minacce sotto al Mim non ho sentito da alcuni partiti nessuna parola di solidarietà nei miei confronti. E questo è quanto di più lontano dovrebbe esistere in una società democratica, in cui si può anche non essere d'accordo con l’avversario su tutto, ma in cui la violenza verso la persona dovrebbe essere sempre stigmatizzata. Torno ora alla vicenda Cecchettin. Prima di registrare l’intervento mi sono interrogato se fosse opportuno affrontare il tema nel suo complesso in quella circostanza e ho deciso che era il caso di farlo, perché quando c’è una giovane donna a cui la vita viene rubata per un no, non ritengo sia utile fare discorsi di circostanza, serve il coraggio della schiettezza per non dire cose banali o peggio ipocrite. E sono rimasto francamente molto stupito dalle polemiche che le mie parole hanno destato.
D. La accusano di aver disconosciuto il problema negando che vi sia ancora in Italia il patriarcato, di aver scaricato tutte le colpe sugli immigrati.
R. No, io ho fatto un ragionamento molto più articolato, di cui alcuni hanno preso quanto faceva comodo per costruire una polemica strumentale. E che lo si faccia quando si parla di donne oltraggiate, uccise lo trovo molto grave. Parto dal patriarcato. Ci sono illustri intellettuali anche di sinistra che lo hanno sostenuto prima di me, senza destare nessuno scalpore, penso a Paolo Crepet e a Massimo Cacciari: il patriarcato, come potere del padre, nella società italiana e nella famiglia è finito. Il problema non è la figura del padre e neppure della madre, che anzi purtroppo sono sempre più sbiadite come punti di rifermento per i figli, il problema è il maschilismo, che conduce alla discriminazione sul posto di lavoro, alla violenza fisica e morale e infine al femminicidio. I femminicidi sono la punta di un iceberg innanzitutto culturale, in cui c’è anche la immaturità del maschio che non sopporta i no. Se vogliamo veramente combattere ogni forma di violenza, penso alle violenze sessuali che purtroppo negli ultimi 11 anni sono aumentate in modo significativo, dobbiamo analizzare tutte le cause e fra queste ho aggiunto anche, e sottolineo anche, la marginalità sociale a la devianza che discendono dalla immigrazione irregolare. È su tutto questo che dobbiamo lavorare e noi lo stiamo facendo per garantire sicurezza, libertà e dignità a ogni donna, rispetto a ogni persona.
D. Insisto, perché tirare in ballo gli immigrati?
R. Perché se guardiamo i casi di violenza sessuale, ed era a questi che mi sono riferito nel mio intervento, i dati di Istat e Viminale sono chiari nell'indicare che in proporzione il contributo degli immigrati clandestini è particolarmente rilevante. Negare la realtà non aiuta a risolvere i problemi. Noi oltre a denunciare il problema lo affrontiamo.
D. Il presidente della repubblica Mattarella ha ribadito il valore dell’integrazione proprio per garantire più sicurezza.
R. Nessun governo ha fatto tanto per l’integrazione come il nostro. Per il mio ministero, ho firmato un decreto che per la prima volta finanza, con 13 milioni di euro, corsi di potenziamento di Italiano obbligatori per gli studenti stranieri, anche arrivati illegalmente, che non conoscono la nostra lingua, perché il primo passo per una vera integrazione è la conoscenza della lingua.
D. La segretaria del Pd, Elly Schlein, la accusa però di non aver fatto nulla a scuola per prevenire e combattere la violenza contro le donne.
R. Il rispetto verso le donne è sancito come obiettivo delle competenze nelle nuove Linee guida per l’educazione civica, che invito a leggere. E non era mai accaduto prima che fosse tra gli obiettivi di apprendimento dei ragazzi. Abbiamo così ritenuto di riaffermare la centralità della persona, contenuta nella nostra Costituzione, fondamento del nostro essere una repubblica democratica, centralità che si declina nel rispetto verso ogni persona, e in particolare verso ogni donna.
D. L’Educazione civica ha 33 ore annuali e deve coprire diverse educazioni. Non è un po’ poco per educare al rispetto?
R. Questo è un errore che sento sovente. Le 33 ore sono dedicate appunto alle singole educazioni, da quella finanziaria a quella stradale, mentre l’educazione al rispetto è un obiettivo che deve innervare, come scritto nelle Linee guida, tutte le discipline. Si fa educazione al rispetto sempre.
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