L’entrata della Corea del Nord nella guerra d’Ucraina al fianco della Russia pone l’Occidente dinanzi al bivio: scegliere tra l’attestazione di debolezza e l’accettazione di una sconfitta politica devastante per la sua credibilità, oppure l’incremento del sostegno che garantisca la vittoria dell’Ucraina, sia pure attraverso un’entrata diretta nel conflitto.
È necessario chiedersi come la partecipazione di un terzo attore, dotato per di più dell’arma atomica, nelle ostilità sia coniugabile con il perseguimento di un sostegno meramente indiretto da parte degli alleati di Kyiv alla sua resistenza? Il superamento della linea rossa da parte di Mosca e Pyongyang ha modificato il volto della guerra ed aumentato il suo tasso di pericolosità, che non minaccia solo l’Ucraina.
È l’intero continente europeo a rischiare di finire assoggettato alle autocrazie, più propense all’uso della forza anche se più deboli quanto a potenzialità belliche rispetto al fronte democratico.
La Polonia e i paesi baltici potrebbero affiancare l’Ucraina
Diversi paesi dell’asse euro-atlantico hanno ipotizzato da mesi di aumentare il sostegno all’Ucraina pure attraverso la formazione di una coalizione che, su base volontaria, interverrebbe direttamente sul campo di battaglia.
Non si tratterebbe di una partecipazione diretta di tutti i membri di Ue e Nato, per cui servirebbe un’unanimità decisionale all’apparenza introvabile a meno di un attacco diretto subito da un loro componente, bensì dell’aumento dell’impegno da parte di coloro che ritengono alla Russia vada inflitta una sconfitta strategica e non soltanto tattica.
Per ragioni geografiche oltre che storiche (il trascorso nell’Unione Sovietica ha prodotto avversione e paura insormontabile verso l’influenza esercitata dal mondo russo), stati come la Polonia ed i paesi baltici sono tra i più agguerriti nei confronti di Vladimir Putin, di cui capiscono l’entità della minaccia.
Sin dall’inizio del conflitto hanno dimostrato l’intenzione di sostenere l’Ucraina con ogni mezzo necessario, fino a far trasparire la disponibilità a valutare un intervento diretto sul campo di battaglia. La Francia per bocca del presidente Emmanuel Macron ha spesso ribadito che l’intervento volto a contrapporsi alle forze russe non deve rappresentare un’ipotesi irrealizzabile ed anzi, andrebbe preparato in caso di necessità.
È possibile che dopo l’entrata della Corea del Nord molti paesi pensino a un allargamento del conflitto
È possibile che dopo l’entrata della Corea del Nord aumenti la volontà in alcune cancellerie di intervenire direttamente.
Al netto delle visioni personali su quest’opportunità, ogni stato euro-atlantico dovrebbe usare ad hoc la comunicazione per preparare le opinioni pubbliche al possibile allargamento del conflitto.
La compattezza nell’asse autocratico e l’intenzione di stravolgere l’ordine globale a guida statunitense è granitica: le dittature hanno superato le rispettive divergenze al fine di perseguire uno scopo comune.
Pur partendo da una condizione di superiorità tanto nel settore economico quanto militare, il fronte democratico si è dimostrato incapace di comprendere rapidamente l’entità della minaccia rivolta alla propria sicurezza.
Aver ritenuto lo strumento bellico superato dalla storia oppure moralmente inaccettabile per risolvere le controversie internazionali, alimentando una concezione arrendevole e pacifista nell’approccio alla politica estera, ha prodotti i suoi (negativi) frutti.
Dinanzi ad una minaccia incombente rivolta alla sicurezza il paradigma che aveva promosso l’illusione da parte dei paesi europei di non poter essere attaccati direttamente è stato stravolto.
Ad oggi, la concezione della guerra convenzionale quale parte integrante delle nostre vite è tornata a farsi spazio. Questo fattore ha promosso un cambio rapido nella valutazione delle crisi in diversi paesi occidentali, con il fine di assicurare il mantenimento della sicurezza e delle libertà individuali al proprio interno.
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