I bisogni dei consumatori si evolvono, ma il retail fisico mantiene la sua importanza e, anzi, si appresta a vivere «una fase di rinascimento». Ora, però, i brand devono saper creare un coinvolgimento emotivo con i propri clienti.
«I consumatori si sono evoluti più negli ultimi tre anni che negli ultimi tre decenni», ha spiegato Marco Zanardi, presidente di Retail Institute Italy, a margine di una presentazione dedicata ai trend del settore e organizzata nell’ambito della XIII edizione del Retail executive summit. «E dobbiamo anche tenere in considerazione che c’è stata una crescita esponenziale dovuta alla democratizzazione dell’informazione e della tecnologia».
Il futuro del settore si prospetta poco lineare
In generale, il futuro del settore appare meno lineare rispetto a un tempo: dopo la pandemia i consumatori sono diventati meno routinari (e quindi prevedibili), è crollata la soglia dell’attenzione (che da circa 2 minuti è scesa ad appena 8 secondi), mentre la possibilità di accedere a un’infinità di informazioni sta causando un’omologazione dell’offerta e la perdita di originalità.
Al tempo stesso, è aumentato il tempo trascorso in casa, anche se il 62% degli adulti compresi tra i 18 e i 34 anni vorrebbe sentirsi parte di una comunità. Da qui, la nascita dei punti vendita «community-based», che permettono ai brand di instaurare un rapporto diretto con i clienti attraverso la condivisione e il coinvolgimento attivo della propria community di riferimento.
Il retail ha bisogno di investire nel coinvolgimento emotivo dei clienti
Insomma, i marchi ora devono puntare su una strategia che permetta di reinventare l’esperienza per il consumatore. «Il retail ha bisogno di più investimenti per conquistare e mantenere un coinvolgimento emozionale con i propri clienti», prosegue Zanardi, «il problema è che la maggior parte delle persone non ricorda di attività che abbiano lasciato un particolare impatto sulla loro vita».
E, non a caso, è salita al 70% la quota di consumatori che preferisce spendere il proprio denaro in esperienze piuttosto che in beni materiali. L’offline, quindi, diventa il nuovo premium perché «il retail fisico è permanente, dura, mentre l’online è fatto principalmente di click».
Peraltro, gli store fisici restano cruciali anche per i giovani della generazione Z, che ancora lo considerano un importante canale informativo per scoprire nuovi prodotti (si veda, a tal proposito, l’articolo di ItaliaOggi di ieri 18 ottobre).
L’ecommerce vale l’11% delle vendite totali, ma la sua crescita si sta ridimensionando
Effettivamente, secondo uno studio della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2024 l’ecommerce incide solo per l’11% sul totale delle vendite retail e, allo stesso modo, la crescita del canale digitale si sta gradualmente ridimensionando (+6% sul 2023, una percentuale che tra 2021 e 2022 si aggirava intorno al 20%).
Il Retail executive summit ha inoltre visto la partecipazione di Ennio Caiolo, general manager Amplifon, Jonathan Hannestad, ceo Everli e Christophe Rabatel, ceo Carrefour Italia, nell’ambito di una tavola rotonda moderata da Armando Garosci, direttore di Largo Consumo.
I rappresentanti del comparto retail hanno evidenziato come, a fare la differenza, sia proprio l’integrazione tra prodotto e servizio, in un’ottica che mette al centro i nuovi bisogni dei consumatori.