Giulio Regeni "era ammanettato con le mani dietro alla schiena, con gli occhi bendati. Era a circa 5 metri da me. Indossava una maglietta bianca, pantalone larghi e blu scuro". Lo racconta un ex detenuto palestinese in un video - acquisito dal tribunale di Roma e proiettato in aula nel corso del processo per il sequestro e la morte di Giulio Regeni avvenuta nel 2016 in Egitto -, estrapolato da un documentario di Al Jazeera.
"Usciva dall'interrogatorio, sfinito dalle torture"
"In seguito l'ho rivisto che usciva dall'interrogatorio, sfinito dalle torture - ricostruisce l'uomo che si trovava in carcere con Regeni -. Era tra due carcerieri che lo portavano a spalla verso le celle. Non era nudo, indossava degli abiti. Ho visto un altro detenuto con la schiena blu per i segni di tortura". C'era una domanda che, secondo l'ex detenuto, e' stata rivolta piu' volte a Regeni. "Insistevano molto con la domanda 'Giulio dove hai imparato a superare le tecniche per affrontare l'interrogatorio?'. Ricordo più volte questa domanda ripetuta in dialetto egiziano o in arabo. Non so se Giulio abbia risposto o meno. Insistevano molto su questo punto, erano nervosi. Usavano la scossa elettrica e lo torturavano con
la corrente", aggiunge. A portare Regeni all'interrogatorio c'erano ufficiali che il detenuto aveva già visto, "ufficiali che non avevo mai visto prima" e "un dottore specializzato in psicologia - aggiunge -. Siamo stati sequestrati, torturati e liberati senza un perché".
La sorella di Giulio, "mamma mi disse 'gli hanno fatto tanto male'"
"Ricordo una telefonata nella quale mamma mi disse: 'hanno fatto tanto male a Giulio'. La parola tortura però l'ho sentita per la prima volta al telegiornale". Lo racconta Irene Regeni, sorella di Giulio, ascoltata durante il processo sulla morte del fratello, in corso nell'aula Occorsio del tribunale di Roma, avvenuta nel 2016 a Il Cairo, in Egitto.
Quattro 007 egiziani impuntati
Per le torture e l'omicidio sono quattro gli 007 egiziani imputati. "Giulio era un ragazzo normalissimo - ricorda la sorella, rispondendo alle domande di Alessandra Ballerini, legale della famiglia -, gli piaceva divertirsi. Per me era 'Giuly'". Nel 2016 - anno del rapimento e della morte di Regeni -, "avevo 24 anni, quando lui era andato via di casa avevo 12 anni e lui 17: vedevo mio fratello come un 'esempio', era il 'mio fratellone'. Mi è piaciuto tantissimo andarlo a trovare in New Messico con tutta la famiglia e lui, in quell'occasione, mi ha presentato i suoi amici. Sono stata ispirata a essere
indipendente, infatti vivo fuori dall'Italia da 8 anni", racconta Irene Regeni, visibilmente commossa, rispondendo alle domande del pm Sergio Colaiocco. "Avevamo punti di vista diversi sulle cose: lui era un umanista e io una scienziata. Eravamo sempre in contatto sulle cose importanti: ci sentivamo tramite chat e tramite mail", racconta. "Giulio era interessato alla Storia, ma poi, dopo la triennale, ha iniziato a specializzarsi sull'Egitto. Lui voleva approfondire la lingua araba ed è stato mandato lì dall'università - ricostruisce Irene Regeni -. L'esperienza lo ha appassionato e ne e' rimasto affascinato. Era un ragazzo aperto interessato a scoprire altre culture, voleva approfondire sempre tutto".
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