Pedaggi autostradali anche allo stato e non solo ai concessionari autostradali; ridefinizione delle tratte (entro 180-315 km) per evitare situazioni di monopolio; durata massima 15 anni; affidamento di gara secondo il codice dei contratti pubblici; da motivare le eventuali nuove gestioni in house. Sono questi alcuni dei punti principali contenuti nel disegno di legge sulla concorrenza che ieri ha incassato il via libera del Consiglio dei ministri. Il testo contiene la riforma delle concessioni autostradali, che scatterà da quelle in scadenza nel 2025 e che riguarda oltre 7.000 km di tratte, dove circola il 90% del traffico merci e il 25% della mobilità nazionale.
Una delle principali novità contenute nel ddl si trova nella norma che fissa il limite a pedaggi autostrade: per la prima volta una parte dei pedaggi non entrerà nelle casse di grandi gruppi di concessionari, anche internazionali, ma andrà allo stato. Così facendo, spiegano i tecnici ministeriali, si dovrebbe realizzare il doppio obiettivo del ministro dei trasporti, Matteo Salvini, di realizzare opere pubbliche e tenere sotto controllo i pedaggi.
Tra gli obiettivi del piano nazionale di ripresa e resilienza, da raggiungere entro fine anno, c’è anche l’adozione di disposizioni ad hoc che regolino la materia delle concessioni autostradali per realizzare l’obiettivo di bloccare i rinnovi automatici e passare alla regola della gara. Non senza agevolare l’imprenditorialità e le condizioni concorrenziali. A livello europeo, fra le altre cose, emerge la raccomandazione a che si eviti che le concessioni scadute si protraggano troppo oltre il termine di scadenza; cosa che, invece, in Italia è quasi una prassi. Altro punto è quello della disciplina delle modalità di esternalizzazione con limitazioni e graduazioni in funzione della rilevanza delle concessioni e con percentuali di affidamento e terzi differenziate, ma soprattutto il limitare l’affidamento delle concessioni individuando come monito ottimale di gestione tratte comprese fra 180 e 315 chilometri. Altro obiettivo: la regolamentazione delle tariffe entro i limiti Ue e la semplificazione delle procedure amministrative.
Nell’affidamento delle nuove concessioni si prevede che siano rispettati gli ambito ottimali definiti dall’ART (Autorità di regolazione dei trasporti); ridefinendo le tratte si eviteranno situazioni di monopolio.
Il termine massimo di durata delle concessioni non potrà superare i 15 anni; termine che il Governo ritiene ragionevole per il recupero degli investimenti effettuati, in quanto garantisce un adeguato margine di ritorno sul capitale investito
Il ddl prevede che si debbano rispettare le disposizioni del codice dei contratti pubblici; quindi dispone che la regola sia la gara ad evidenza pubblica con pubblicazione del bando. Gli affidamenti diretti, senza gara, saranno limitati ai casi in cui il dicastero delle infrastrutture e dei trasporti (Mit) riterrà di procedere con gestione in house. Le norme del ddl prevedono questa opzione per l’affidamento di concessioni: alla società istituita in base alla legge 121/2021, interamente controllata dal ministero dell’economia e sottoposta al “controllo analogo” del Mit, oppure ad una “società in house diversa, anche appositamente costituita, secondo quanto previsto dall’articolo 186 comma 7 del codice dei contratti pubblici». In quest’ultimo caso, dovrebbe trattarsi di tratte che interessano più regioni, per le quali il Mit ammette la concessione senza gara alla società costituita da più amministrazioni, anche appositamente. Le gestioni in house devono, però, rispondere al principio generale per cui va motivato il ricorso all’in house, anche con riferimento ai vantaggi per la collettività e per ragioni di congruità economica. Potrebbe essere questo il grimaldello per aggirare il principio della gara. Per le concessioni scadute non si potrà procedere facendo ricorso al project financing; disposizione che ha finalità anti-elusive del divieto di proroga delle concessioni e che avvantaggerebbe il concessionario uscente.
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