«Senza l’aiuto americano, l’Ucraina non potrà proseguire la guerra per molto. L’aiuto europeo non è sufficiente a reggere lo sforzo bellico di Kiev. E gli Usa, già da prima della vittoria di Donald Trump, non hanno interesse a continuare a impegnarsi in Europa. Per loro è strategicamente importante concentrare gli sforzi nell’Indopacifico». Così Domenico Rossi, già generale di corpo d’armata dell’Esercito italiano e sottosegretario alla Difesa, che bolla come «scontata» la telefonata, smentita dal Cremlino, tra il rieletto presidente Usa e Vladimir Putin. Una ipotesi per il cessate il fuoco? «La divisione dei territori in base alle linee del fronte attuali, insomma una soluzione alla coreana», dice Rossi. Con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca, anche l’Europa, «finora la grande assente sul palcoscenico internazionale», dovrà cambiare registro: non si tratta solo o tanto di spendere di più, spiega Rossi, ma di farlo in modo oculato e finalizzato, con una Difesa comune». Un esempio? «Gli Stati europei utilizzano 12 diversi tipi di carri armati a fronte di uno solo per gli Stati Uniti. Una parziale riduzione di sovranità nazionale farebbe bene».
Domanda. La vittoria di Donald Trump accelera la chiusura della contesa Russia-Ucraina?
Risposta. Quando si parla di possibilità o di ipotesi è difficile dare una risposta. Certamente non si può non ricordare che Trump ne ha fatto un obiettivo più volte ribadito. Ma tra la teoria e la pratica ci sono di mezzo la volontà dichiarata di Putin di raggiungere i suoi obiettivi, che peraltro non ha mai definito completamente, e quella di Zelensky di riconquistare tutti i territori attualmente occupati. Certamente il fatto che Trump, subito dopo la vittoria elettorale, abbia chiamato Putin per un primo colloquio è da vedere come un punto essenziale per colloqui finalizzati concretamente alla chiusura della contesa.
D. Secondo lei quindi la telefonata vi è stata? il Cremlino l’ha smentita.
R. Non possiamo sapere quando effettivamente vi sia stato il contatto, ma che vi sia stato è direi quasi scontato. Putin però deve mostrarsi padrone della situazione e non certo succube dei diktat americani. Non è un caso che, smentendo la telefonata, il portavoce Peskov abbia ribadito che «l’operazione militare speciale in Ucraina andrà avanti finché tutti gli obiettivi stabiliti non saranno raggiunti».
D. E quindi?
R. Non credo che si potrà accettare una soluzione in cui l’Ucraina diventi l’agnello sacrificale di una presunta pace, fermo restando che eventuali limitazioni territoriali dovranno parimenti prevedere garanzie future per la sicurezza di questo Paese.
D. Quanto pesa nell’accelerazione inferta da Trump la volontà di ridurre i finanziamenti per il supporto militare all’Ucraina? La guerra ad oggi è costata ad ogni americano circa 2mila dollari.
R. Il punto non è tanto l’entità del contributo quanto la volontà e la convenienza politica nel continuare o meno a supportare in modo indefinito lo sforzo dell’Ucraina.Si assiste da tempo ad un diverso orientamento americano nella definizione delle aree strategicamente importanti. Ne è un esempio il progressivo disinteresse verso l’Europa e l’Africa a fronte della maggiore importanza attribuita nel tempo all’area dell’Indopacifico sotto un punto di vista strategico e tattico; fermo restando che nel 2020, per quanto concerne il Medio Oriente, gli Stati Uniti erano riusciti ad avviare la normalizzazione delle relazioni tra Israele e gli emirati Arabi Uniti e il Bahrein. Chiaramente messo in discussione dalla situazione conflittuale sorta dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre.
D. L’Ucraina senza il sostegno americano quanto potrà resistere in guerra?
R. Oltre al supporto degli Stati Uniti rimane quello dell’Europa, che però da sola può supportare l’Ucraina per un tempo limitato. Il rifornimento americano di equipaggiamenti tecnologicamente avanzati e di munizioni è indispensabile per respingere le truppe russe sul campo e per opporsi agli attacchi aerei o dei droni.
D- Risponde al vero che Kiev non avrebbe più uomini da mettere in campo?
R. Kiev annovera rilevanti perdite umane tra le sue file. Essendo un Paese demograficamente molto inferiore alle potenzialità russe, si sta trovando progressivamente non solo in una crisi quantitativa ma anche qualitativa di risorse umane. Questo considerando soprattutto che non ha riserve addestrate da i mpiegare e che ha dovuto cambiare tutto l’armamento che era inizialmente russo con la necessità di addestrare i soldati, anche fuori dall’Ucraina, sulle armi occidentali.
D. Con Kiev più debole su quali basi si può arrivare ad un cessate il fuoco?
R. Esiste una differenza sostanziale tra un tavolo negoziale e un tavolo di resa. Tutti gli sforzi finora compiuti per supportare l’Ucraina sono stati fatti per potere aprire un negoziato senza che, a priori, vi fosse già un vinto e un vincitore. Se si andrà ad un tavolo di resa allora la pace sarà ottenuta solo dando alla federazione russa tutti i territori occupati.
D. E quindi cosa resterebbe a Kiev?
R. Vi possono essere varie ipotesi in quanto la questione non riguarda solo i confini ma anche la sicurezza futura dell’Ucraina nonché la rassicurazione alla paventata minaccia Nato percepita come esistente o probabilmente pretestuosa da parte russa. Sarà la diplomazia a dovere trovare una soluzione che dia risposta a tutto ciò, fermo restando che sicuramente non si potrà non tenere conto della situazione reale sul campo di battaglia.
D. Una soluzione coreana?
R. Al momento è una degli scenari più plausibili, cioè congelare la guerra sulla linea attuale del fronte, con il passaggio dei territori occupati dai russi, circa il 20%, sotto il controllo di Mosca, e maggiori garanzie per l’Ucraina che resta stato sovrano. Non si tratterebbe di una vittoria piena della Russia, che però di una semi-vittoria potrebbe accontentarsi.
R. E il ridimensionamento della Nato?
R. Se uno degli obiettivi di Putin era un ridimensionamento della Nato questo non solo non è avvenuto ma addirittura ha avuto l’effetto contrario con l’allargamento della stessa stante l’inserimento di altri due Paesi come Svezia e Finlandia. È innegabile inoltre che proprio il prendere atto della nuova minaccia russa ha rivitalizzato l’essenza e l’importanza di una alleanza difensiva come la Nato.
D. Che ruolo avrà l’Europa con Trump alla presidenza?
R. L’Europa è stata finora la grande assente sul palcoscenico internazionale. Quindi, indipendentemente dalla politica futura degli Usa, la Ue dovrà assumersi le sue responsabilità e diventare finalmente una entità riconosciuta politicamente e militarmente e non solo economicamente. Questo passando sicuramente attraverso una Difesa comune europea che la renda autonoma sulle sue capacità di intervento. Ovviamente non contrapposta con la Nato ma a questa unita nel comune interesse.
D. Di quali aumenti di spesa per la Difesa Ue parliamo?
R. La spesa totale militare nei paesi Ue, secondo i dati SIPRI, nel 2023 era di 313 miliardi di dollari, circa un terzo di quella degli Stati Uniti e di poco superiore alla Cina. Si tratta quindi non tanto di spendere di più quanto di spendere in modo oculato e finalizzato. Ovviamente c’è da tenere conto che in linea con gli impegni presi con la Nato l’obiettivo al momento è di raggiungere il 2% del Pil. Per spendere nel modo corretto occorre in particolare tendere ad evitare duplicazioni e frammentazioni che incidono sulla interoperabilità degli armamenti.
D. Un esempio?
R. Gli Stati europei utilizzano 12 diversi tipi di carri armati a fronte di uno solo per gli Stati Uniti. Una parziale riduzione di sovranità nazionale farebbe bene, tenendo in evidenza l’importanza di salvaguardare gli interessi delle industrie nazionali della Difesa.
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