L’aiuto statale blocca le spese dell’impresa
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Investimenti da tenere sotto la media 2021-2022-2023: lo prevede il disegno di legge di bilancio per le società che ricevono un contributo pubblico 

di di Luciano De Angelis  01/11/2024 02:00

Le società e gli enti che, a partire da 1° gennaio riceveranno contributi pubblici sotto qualsiasi forma per importi significativi, saranno limitati nelle loro spese ed investimenti. Essi infatti, non potranno investire più della media di quanto effettuato negli anni 2021, 2022 e 2023. È quanto emerge dalla lettura dell’art. 112, comma 4 del disegno di legge di bilancio.

Le previsioni di origine

Il comma 4 dell’art. 112 in commento, richiama la legge di bilancio per il 2020 (legge 27 dicembre 2019, n. 160). La stessa prevedeva, all’epoca, per gli enti e gli organismi anche costituiti in forma societaria rientranti nelle amministrazioni pubbliche (di cui alla legge 196 del 2009), una limitazione della possibilità di effettuare spese per l’acquisto di beni e servizi per un importo superiore alla media di quanto si era effettuato sulla base della media dei tre esercizi degli anni precedenti come risultante dai rendiconti o bilanci deliberati.

Il superamento di tali limiti era consentito in presenza del superamento del limite di ricavi o delle entrate accertate rispetto a quanto risultante da un esercizio precedente. Il mancato rispetto di tali disposizioni doveva essere verificato dagli organi di controllo e costituiva un illecito disciplinare del responsabile del servizio amministrativo finanziario.

Le disposizioni della attuale legge di Bilancio

Ora, da quanto è dato leggere nell’art. 112, comma 4 della legge di bilancio tale “spending review”, sarebbe estesa anche a tutte le società e gli enti di carattere privato dotate di organo di controllo pluripersonale qualora tali strutture ricevono, anche in modo indiretto e sotto qualsiasi forma, contributi a carico dello Stato, di entità significativa. Il livello di significatività del contributo sarà stabilito con dpcm su proposta del MEF, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge in commento.

In sede di prima applicazione il predetto livello di significatività è stabilito nell’importo di 100.000 euro annui. Per tali società ed enti, infatti, è previsto che a decorrere dall’anno 2025 non possono effettuare spese per l'acquisto di beni e servizi per un importo superiore al valore medio sostenuto per le medesime finalità negli esercizi finanziari 2021, 2022 e 2023, come risultante dai relativi rendiconti o bilanci deliberati.

Le perplessità della norma

Al di là della ingerenza dello Stato nella gestione di società private, tema sul quale si può o meno essere d’accordo, la disposizione suscita qualche perplessità sugli scopi perseguiti. In particolare, i contributi ricevuti dalle società e dagli enti nel 2025 derivano di norma da disposizioni e richieste effettuate da tali soggetti anteriormente al 1° gennaio 2025, il che potrebbe determinare una indebita applicazione retroattiva della disposizione.

Ma soprattutto, la norma in commento (per come letteralmente scritta) parrebbe far riferimento a tutti gli investimenti delle società e degli enti (è previsto “…non possono effettuare spese per l'acquisto di beni e servizi per un importo superiore a…”), e non solo quelli effettuati grazie al contributo. Il che non determinerebbe alcun risparmio nella spesa pubblica ma solo una (lecita?) limitazione agli investimenti produttivi delle società private che abbiano richiesto una contribuzione. Se si considerasse fra i contributi anche eventuali crediti d’imposta concessi a settori particolari, la limitazione coinvolgerebbe anche società che non hanno soggettivamente richiesto contributi. Ciò senza considerare che tale norma potrebbe essere lesiva della libera iniziativa economica privata di cui all’art. 41 della Costituzione. 

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