Una politica energetica sempre più nelle mani dei privati piuttosto che del pubblico. Questo il futuro dove ci stiamo dirigendo, almeno in occidente.
A muovere i primi passi sono i colossi del Web come Microsoft, Amazon, Oracle e Google che hanno siglato accordi per sviluppare piccoli e grandi reattori nucleari in modo da poter sfruttare al meglio la loro energia pulita. «Questa è la vera novità» ha dichiarato Marco Enrico Ricotti, professore ordinario di impianti nucleari al Politecnico di Milano, «stanno sempre di più scendendo in campo i colossi del tech sulla spinta dell’intelligenza artificiale, perché hanno sempre più necessità di grandi quantità di energia elettrica».
Microsoft ha infatti siglato un accordo, dove si è impegnato a comprare per i prossimi 20 anni il 100% dell’energia elettrica prodotta, con gli attuali proprietari della società Constellation Energy, la centrale nucleare dormiente di Three Mile Island in Pennsylvania.
A ruota è arrivato Google che ha deciso di investire nello sviluppo della prossima generazione di energia nucleare. L’obiettivo è quello di sfruttare i piccoli reattori per generare l’energia necessaria ad alimentare i data center dell’intelligenza artificiale. Per centrare l’obiettivo Mountain View ha quindi siglato un accordo con Kairos Power, società che costruisce piccoli reattori modulari. La collaborazione tra il colosso tech e l'azienda statunitense prevede sei o sette reattori, per una capacità totale di 5.000 mW.
E dopo Microsoft e Google, anche Amazon scommette sull'energia nucleare, firmando tre accordi per lo sviluppo di progetti in quest’area, inclusa la costruzione di diversi piccoli reattori modulari. «Il nucleare è una fonte sicura di energia priva di carbonio che può aiutarci ad alimentare le nostre attività e a soddisfare la crescente domanda dei nostri clienti, mentre allo stesso tempo facciamo progressi», ha detto Matt Garman, l’amministratore delegato di Amazon Web Service.
Sulla stessa linea anche Oracle che ha annunciato che intende utilizzare tre piccoli reattori nucleari modulati per alimentare un nuovo data center dedicato all’intelligenza artificiale, con una capacità di almeno un gigawatt: «Oracle ha 162 data center cloud, operativi e in costruzione in tutto il mondo. Il più grande di questi ha una capacità di 800 megawatt e conterrà ettari di cluster Gpu Nvidia in grado di addestrare i più grandi modelli di intelligenza artificiale al mondo. Presto, Oracle inizierà la costruzione di data center che superano il gigawatt di potenza», ha dichiarato Larry Ellison, fondatore, presidente esecutivo e Cto di Oracle.
Come mai proprio il nucleare? Secondo Ricotti i motivi sono essenzialmente tre. Il primo è che il nucleare è un’energia stabile a differenza delle rinnovabili che sono strettamente legate al meteo e che per garantire un flusso continuo hanno bisogno di essere affiancate ad una fonte non rinnovabile, come il carbone.
Il secondo è che costano nettamente di meno rispetto alle rinnovabili. Al momento, se si vuole puntare su questa energia, non essendo stabile, si deve investire tutto sulle batterie di accumulo che hanno costi più alti rispetto al nucleare.
Terzo motivo, il marketing. O sarebbe meglio dire il fattore moda, visto l’attuale attenzione alla sostenibilità. Anche perché se si dovesse guardare solo al fattore economico, negli Usa il carbone ha «dei prezzi veramente bassi», spiega Ricotti, il che implicherebbe un massiccio uso di questa fonte di energia, quando invece si sta puntando sul nucleare.
Un futuro da latifondisti
Se dunque da una parte è un bene che questi colossi stanno investendo nel nucleare visto che «mettono nel settore nuovi capitali, dando nuova linfa per farlo tornare efficace», dall’altro, il futuro potrebbe non essere così roseo se lo Stato non dovesse interviene in tempo per normare.
«Nel lungo periodo potrebbero (i giganti del Web) diventare dei latifondisti dell’energia», spiega Ricotti, aggiungendo che le big tech «potrebbero tenersi per loro l’energia nucleare (stabile) e dare a noi le rinnovabili (instabili)». Una seconda opzione potrebbe invece vedere gli stessi colossi del Web che diventano fornitori di energia, come le attuali società energetiche. Ipotesi che secondo Ricotti, non è da scartare, ma che nel caso avrà un tempo di incubazione particolarmente lungo visto che per il momento queste società hanno interesse a siglare accordi con realtà che hanno già l’esperienza nel mondo del nucleare. Quello che però i vari stati devono iniziare a fare è monitorare la situazione per capire quando è il momento più opportuno per normare i futuri processi in termini di «sicurezza e regole per il mercato», spiega Ricotti.
Oriente e Occidente due visioni distinte del nucleare
La prima differenza tra il blocco orientale e quello occidentale è che in oriente il nucleare non si è mai fermato, come in occidente. Da noi la policy europea «si è focalizzata solo sulle rinnovabili e non sul nucleare», non dando nel corso degli anni, nuova linfa per sviluppare il settore. In oriente queste lunghe pause non ci sono mai state tanto che adesso un paese come la Cina, è la seconda al mondo per quanto riguarda la produzione nel nucleare.
Stessa dinamica in India, dove non mancano gli investimenti nel settore. Altra grande differenza riguarda la gestione degli impianti. «In Cina, India e Russia la gestione del nucleare è statale», spiega Ricotti, in occidente l’amministrazione sta andando invece sempre di più nelle mani dei privati. Spostando la lancetta del tempo in avanti, si avranno dunque due blocchi contrapposti, anche in termini di gestione dell’energia nucleare: un’oriente sempre più statale e un occidente dove prevalgono i privati.
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