Comuni, sì a clausole antifasciste
Comuni, sì a clausole antifasciste
Gli enti possono prevederle nel rilascio di concessioni per aree pubbliche. Per il Consiglio di stato i municipi devono evitare che gli spazi siano utilizzati per finalità antidemocratiche

di di Enrico Santi 11/10/2024 02:00

È legittima la delibera comunale di indirizzo per il rilascio di concessioni temporanee per occupazioni di aree pubbliche, che preveda l’obbligo per il richiedente di sottoscrivere una dichiarazione di impegno a riconoscersi nei principi della Costituzione italiana e di ripudiare il fascismo e il nazismo. All’ente pubblico, infatti, compete il potere di perseguire l’interesse collettivo evitando l’utilizzo di spazi pubblici per finalità antidemocratiche. Lo afferma il Consiglio di Stato con la sentenza n. 7687 del 19 settembre 2024.

La delibera del comune

Con la deliberazione n. 781 del 19 dicembre 2017 la giunta comunale di Brescia ha stabilito indirizzi per il rilascio di concessioni temporanee per le occupazioni occasionali di spazi e aree pubbliche nel territorio cittadino, prevedendo l’obbligo di allegare all’istanza una dichiarazione che contenga, tra l’altro, l’impegno del richiedente di riconoscersi nei principi e nelle norme della Costituzione e di ripudiare il fascismo e il nazismo.

La pronuncia del Tar

Contro tale provvedimento un’associazione ha presentato appello, che il Tar di Brescia ha rigettato con l’ordinanza n. 2177/2018, richiamando la discrezionalità dell’ente nel definire i criteri per la concessione di beni pubblici ed evidenziando che l’adesione ai principi e alle norme costituzionali non è scindibile rispetto al ripudio del fascismo e del nazismo.

Il Consiglio di Stato

Contro la sentenza del Tar, l’associazione ha presentato ricorso, sostenendo in particolare che la delibera leda la libertà di manifestazione del pensiero.

Con la sentenza n. 7687 del 19 settembre 2024 il Consiglio di Stato (in foto) ha rigettato l’appello per una serie di considerazioni. Innanzitutto la concessione di spazi pubblici, comportando un utilizzo a fini privati di aree o locali che vengono così sottratti all’uso comune, è espressione di una potestà ampiamente discrezionale.

Inoltre la Giunta ha una generale competenza all’adozione di atti d’indirizzo rispetto alla concreta gestione amministrativa, finanziaria e tecnica demandata ai dirigenti. L’amministrazione può legittimamente imporre che gli spazi pubblici da concedere non siano utilizzati per il perseguimento delle finalità antidemocratiche proprie del partito fascista o per il compimento di manifestazioni usuali del disciolto partito fascista o di organizzazioni naziste.

La matrice antifascista della Costituzione emerge sia dalla sua genesi, legata alla Resistenza, sia dalla sua struttura e dal contenuto. Il primo comma della XII disposizione vieta la riorganizzazione del disciolto partito fascista. La legge Scelba n. 645 del 20 giugno 1952 tutela l’ordine pubblico democratico e costituzionale in relazione a manifestazioni che possano essere tali da indurre alla ricostituzione di un partito contrario all’assetto costituzionale. Secondo il Cds, è dunque legittimo che il comune adotti cautele preventive per evitare che le aree siano utilizzate per il compimento di atti o fatti che possano favorire la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del partito fascista.

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