Ritardi pagamenti della p.a., la Corte di giustizia dell'Ue condanna l'Italia
Ritardi pagamenti della p.a., la Corte di giustizia dell'Ue condanna l'Italia
Per aver violato la direttiva europea relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. L'Ance: i ritardi medi nel settore delle costruzioni superano ancora i 4 mesi e mezzo. Il Mef: nel 2018 significativo miglioramento, anche grazie alla fatturazione elettronica

28/01/2020 10:43

L'Italia avrebbe dovuto assicurare il rispetto da parte delle pubbliche amministrazioni, nelle loro transazioni commerciali con le imprese private, di termini di pagamento non superiori a 30 o 60 giorni.
Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Ue, nella sentenza che condanna l'Italia per i ritardi nei pagamenti della P.A. per aver violato la direttiva europea relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali e non aver assicurato che le sue pubbliche amministrazioni, quando sono debitrici nel contesto di simili transazioni, rispettino effettivamente termini di pagamento non superiori a 30 o 60 giorni di calendario.
L'Italia ha sostenuto, a propria difesa, che la direttiva 2011/7 impone unicamente agli Stati membri di garantire, nella loro normativa di recepimento di tale direttiva e nei contratti relativi a transazioni commerciali in cui il debitore è una delle loro pubbliche amministrazioni, termini massimi di pagamento conformi all'articolo 4, paragrafi 3 e 4, di detta direttiva nonché di prevedere il diritto dei creditori, in caso di mancato rispetto di tali termini, a interessi di mora e al risarcimento dei costi di recupero. Secondo l'Italia, dette disposizioni non impongono, invece, agli Stati membri di garantire l'effettiva osservanza, in qualsiasi circostanza, dei suddetti termini da parte delle loro pubbliche amministrazioni.
La Corte Ue ha anzitutto respinto tale argomentazione rilevando che, in considerazione dell'elevato volume di transazioni commerciali in cui le pubbliche amministrazioni sono debitrici di imprese, nonché dei costi e delle difficoltà generate per queste ultime da ritardi di pagamento da parte di tali amministrazioni, il legislatore dell'Unione ha inteso imporre agli Stati membri obblighi rafforzati per quanto riguarda le transazioni tra imprese e pubbliche amministrazioni.
La Corte ha poi respinto l'argomento dell'Italia secondo cui le pubbliche amministrazioni non possono far sorgere la responsabilità dello Stato membro cui appartengono quando agiscono nell'ambito di una transazione commerciale (jure privatorum), al di fuori delle loro prerogative dei pubblici poteri. La Corte ha infine sottolineato che la circostanza, quand'anche accertata, che la situazione relativa ai ritardi di pagamento delle pubbliche amministrazioni nelle transazioni commerciali contemplate dalla direttiva Ue sia in via di miglioramento in questi ultimi anni non può ostare a che la Corte dichiari che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi a essa incombenti in forza del diritto dell'Unione. Infatti, secondo giurisprudenza costante, l'esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, ossia, nel caso di specie, il 16 aprile 2017.
"Non fa piacere vedere il proprio Paese condannato, per inadempienza rispetto agli obblighi comunitari che impongono il pagamento dei propri debiti commerciali entro massimo 60 giorni, ma era inevitabile". Lo ha detto il presidente dell'Ance, Gabriele Buia. Nonostante qualche miglioramento, dovuto agli effetti della Direttiva del 2011 che ha imposto termini perentori per i pagamenti delle pa, infatti, i ritardi medi nel settore delle costruzioni superano ancora i 4 mesi e mezzo, per un totale di 6 miliardi di arretrati a danno delle imprese. "Una situazione inaccettabile soprattutto a fronte della grave crisi che ha investito in questi anni il settore e che ancora comporta una forte restrizione di liquidità a danno delle imprese e quindi dell`intera economia - sottolinea Buia - per questo come Ance siamo stati i primi a denunciare in sede europea questo mal costume italiano e a chiedere un intervento concreto per evitare di far pagare alle imprese e ai cittadini il costo di una crisi tutta finanziaria che è stata poi scaricata sull`economia reale.
Qualche segnale c`è stato e i tempi di ritardo si sono ridotti della metà - aggiunge - ma si tratta ancora di attese inaccettabili per imprese che spesso devono lottare per la sopravvivenza". A questo punto "attendiamo una reazione immediata delle autorità italiane, anche sul tema del subappalto già all`attenzione dell`Ue, per evitare che oltre al danno ci sia pure la beffa di dover pagare una sanzione all`Europa", conclude il presidente dell'Ance.
"Purtroppo siamo stati facili profeti: la pubblica amministrazione italiana non rispetta la legge sui tempi di pagamento nei confronti dei propri fornitori e ora subiamo la condanna della Corte di giustizia europea, su ricorso della Commissione Ue. E' dal 2013, anno di entrata in vigore in Italia della norma di recepimento della direttiva europea europea del 2011 contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, che Confartigianato denuncia il problema e propone la compensazione diretta e universale tra i debiti e i crediti degli imprenditori verso la p.a. quale soluzione concreta ed efficace per il pagamento dei debiti della p.a.". Questo il commento del presidente di Confartigianato Giorgio Merletti che negli anni scorsi è stato advisor sull'attuazione della Direttiva europea contro i ritardi di pagamento, nominato dall'allora vice presidente della Commissione Ue Antonio Tajani. Secondo Confartigianato, per il peso dei debiti commerciali della pubblica amministrazione verso le imprese fornitrici di beni e servizi, nel 2018 l`Italia detiene il record negativo in Europa, con una quota pari al 3% del Pil, il doppio rispetto all`1,6% della media dei Paesi Ue. "Ora - sottolinea il presidente di Confartigianato - il Governo italiano è costretto a fare sotto procedura di infrazione europea ciò che non ha fatto di propria iniziativa in questi anni".
Dal canto suo, il Mef rivendica un miglioramento dei tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni, guardando ai "dati relativi all'anno 2018", quando sono state registrate oltre 28 milioni di fatture ricevute, e non respinte, dalle pubbliche amministrazioni, per un importo totale pari a 163,3 miliardi di euro, di cui 145 miliardi effettivamente liquidabili (ossia al netto della quota Iva e degli importi sospesi e non liquidabili). La piattaforma dei crediti commerciali, realizzata e gestita per il ministero dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, ha rilevato i pagamenti relativi a circa 22,1 milioni di fatture, per un importo pari a 128,3 miliardi di euro, che corrisponde a circa l`88,5% del totale (al netto della quota Iva e degli importi sospesi e non liquidabili). I tempi medi ponderati occorsi per saldare, in tutto o in parte, queste fatture sono pari, secondo il ministero dell'economia, a 54 giorni, a cui corrisponde un ritardo medio di 7 giorni sulla scadenza delle fatture stesse. "Anche tenendo conto delle code dei pagamenti delle fatture del 2018 non ancora effettuati al momento della rilevazione (che comporterà un leggero peggioramento del tempo medio di ritardo) si registra un significativo miglioramento rispetto ai tempi medi di ritardo relativi alle fatture del 2017 (10 giorni) e del 2016 (16 giorni)", si precisa. Un contributo è arrivato dall`introduzione della "fatturazione elettronica, obbligatoria per tutte le pubbliche amministrazioni dal 31 marzo 2015".