Rimborso Iva a verifica in corso
Rimborso Iva a verifica in corso
Rimborso Iva nonostante il faro acceso dal fisco sul contribuente. L’amministrazione non può disporre lo stop alla rifusione del credito chiesta dal privato ex articolo 38 bis del dpr 633/72, limitandosi a rispondere che «è in corso una verifica»

di di Franco Ricca 21/09/2022 06:59

Illegittima la sospensione del rimborso Iva con la semplice motivazione “verifica in corso”: la misura cautelare può essere adottata dall'ufficio anche in difetto delle condizioni previste dall'art. 23 del dlgs n. 472/97, facendo riferimento all'istituto generale del fermo amministrativo, ma è necessario un provvedimento formale adeguatamente motivato che ne espliciti i presupposti.

Così ha deciso la Corte di cassazione con ordinanza n. 27165 del 15 settembre 2022, rigettando il ricorso dell'agenzia delle entrate con condanna alle spese di lite liquidate in 15.000 euro.

La vicenda riguarda una curatela fallimentare che si era vista sospendere dall'agenzia il rimborso Iva, richiesto per l'anno 2013, ai sensi dell'art. 38-bis del dpr 633/72 in ragione del fatto che era in corso una verifica. Impugnato il provvedimento, il curatore otteneva soddisfazione in entrambi i gradi di merito.

La CTR, in particolare, confermando la decisione di prime cure, rilevava la totale carenza di motivazione del provvedimento di sospensione.

Nel suo ricorso al giudice di legittimità, l'agenzia insisteva sulla sussistenza dei presupposti per procedere alla sospensione, richiamando il tenore della norma citata, che contempla l'adozione dell'atto cautelare in presenza della constatazione di uno dei reati previsti negli artt. 2 e 8 del dlgs n. 74/2000 ed invocando, altresì, l'art. 23 del dlgs n. 472/97 e l'istituto generale del c.d. fermo amministrativo di cui all'art. 69 del rd n. 2440/1923, evidenziando al riguardo che la sospensione era tanto giustificata che, nelle more del giudizio, erano stati notificati alla contribuente due avvisi di accertamento ritenuti fondati dalla Ctp.

Nell'ordinanza, la Corte suprema osserva anzitutto che il provvedimento di sospensione di cui si discute è stato emesso richiamando espressamente l'art. 38 bis citato, in forza del quale, in caso di constatazione di determinati reati tributari, l'esecuzione dei rimborsi Iva è sospesa, fino a concorrenza dell'ammontare dell'imposta indicata nelle fatture o in altri documenti illecitamente emessi od utilizzati, fino alla definizione del relativo procedimento penale. Nel ribadire poi che la tutela cautelare prevista, specificamente per i rimborsi Iva, dal dpr 633/72 non esclude la possibilità per l'ufficio di applicare gli altri istituti analoghi previsti dall'art. 23 del dlgs n. 472/97 e dal rd n. 2440/1923, fermo restando che il ricorso alle predette misure cautelari non può cumularsi con altri strumenti similari, quale ad esempio la fideiussione, la Corte rileva che, nel caso di specie, il provvedimento di sospensione, adottato in base all'art. 38-bis, indicava genericamente quale motivazione l'esistenza di una “verifica in corso”, non consentendo così di comprendere se esso si fondasse sulla sussistenza di accertamenti penali per operazioni inesistenti, oppure su altre ragioni che potessero giustificare la sospensione del rimborso, tanto più che solo nelle difese articolate durante il giudizio l'ufficio aveva fatto riferimento agli accertamenti fiscali che avrebbero potuto giustificare il provvedimento cautelare, purché con adeguata motivazione. Donde il rigetto del ricorso.

Il testo della decisione su www.italiaoggi.it/documenti-italiaoggi