Quattro anni per avere un diploma tecnico
Quattro anni per avere un diploma tecnico
Operativa la nuova filiera tecnologico-professionale, ovvero i percorsi sperimentali 4+2, con 1.669 iscritti. Ma nelle scelte degli studenti cresce l’appeal dei licei

di Pagina a cura di Michele Damiani 08/09/2024 02:00

Meno anni sui banchi della scuola superiore, un legame più stretto con il mondo del lavoro e una maggiore coerenza tra istruzione professionale secondaria e terziaria, con un coordinamento che accompagni lo studente lungo il suo percorso di studi. Il tutto, però, in un contesto che vede diminuire l’appeal dell’istruzione secondaria superiore professionale; basti pensare che nel 2007-2008 il liceo era la scelta del 45,3% degli studenti italiani, mentre nell’anno che sta per partire la percentuale è arrivata al 55,6% (anche in calo rispetto al 57% del 2023-2024), erodendo importanti quote a istituti tecnici e (soprattutto) professionali. Parliamo della nuova filiera formativa tecnologico-professionale, il progetto che partirà quest’anno in via sperimentale e che è stato fortemente voluto dal ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe Valditara. La legge che la istituisce (121/2024) è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale il 22 agosto ed è in vigore dal 6 settembre. La filiera prevede un ciclo di studi quadriennale, invece dei cinque anni che caratterizzano l’istruzione professionale secondaria in Italia (ad esclusione degli Iefp, si veda altro articolo), a cui verranno collegati altri due anni di formazione terziaria negli Istituti tecnici superiori. Saranno 1.669 gli studenti che prenderanno parte a questi percorsi nel 2024-2025.

L’impulso del Pnrr

Le fondamenta della filiera sono da ricercare nel Pnrr, in particolare nella «Riforma degli istituti tecnici e professionali» (Missione 4, Componente 1 – Riforma 1.1), che ha come obiettivo quello di «potenziare l'offerta dei servizi di istruzione, in una logica complessiva di riordino dei percorsi formativi tecnici e professionali rispetto alle nuove necessità socio-economiche, incentrato sulla connessione fra istruzione, formazione e lavoro e sulla valorizzazione delle esigenze dei territori», come si legge nel dossier pubblicato sul sito della Camera dei deputati. La riforma del Pnrr mira anche «ad allineare i curricula degli istituti tecnici e professionali alla domanda di competenze che proviene dal tessuto produttivo del paese». Un elemento, quello del mismatch tra domanda e offerta, che è uno dei cardini della nuova impostazione e che è stato più volte citato anche dallo stesso Valditara: «Ad oggi la metà delle aziende fa fatica a coprire i posti disponibili, questa è la realtà. Un mismatch drammatico tra offerta e domanda di lavoro che cercheremo di colmare con la nuova filiera», le parole del ministro nel giorno dell’ok definitivo alla Camera, il 31 luglio. L’attuazione della riforma del Pnrr era iniziata già nella scorsa legislatura, ma questa maggioranza si è presa più tempo per mettere a terra il tutto e operare i correttivi ritenuti necessari.

Meno anni di scuola

Uno dei punti forti della riforma è la riduzione di un anno del percorso di studi rispetto agli istituti tecnici e agli istituti professionali, visto che si completerà il percorso in quattro anni invece di cinque. «Si prevede che gli studenti che abbiano conseguito il diploma professionale al termine dei percorsi quadriennali sperimentali, o al termine dei percorsi quadriennali regionali, che abbiano aderito alla filiera e che siano stati opportunamente validati, possano accedere direttamente ai percorsi formativi degli Its Academy o a quelli dell'istruzione superiore», spiega ancora la relazione pubblicata dalla Camera.

Coordinamento e vicinanza alle imprese

Il progetto parla di filiera perché non si limita a intervenire sull’istruzione secondaria. La filiera, infatti, sarà costituita dai percorsi sperimentali introdotti, ma anche dai «percorsi formativi degli Istituti tecnologici superiori (Its Academy), dai percorsi di istruzione e formazione professionale (Iefp) e dai percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore (Ifts)». Verrà istituita una struttura tecnica presso il ministero che avrà il compito di promuovere le sinergie tra la filiera e migliorare la progettazione di percorsi didattici «finalizzati alla formazione delle professionalità innovative necessarie allo sviluppo del paese». La legge offre poi la possibilità di stipulare degli accordi sui territori che possono prevedere l’istituzione di reti, denominate «campus», che dovranno garantire una maggiore attenzione alle esigenze dell’area dove sono costituite. La disciplina di dettaglio sulla filiera, comunque, è demandata ad un successivo decreto ministeriale, da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del disegno di legge, così come la definizione dei criteri di stipula degli accordi e le modalità di adesione alle reti.

Le regioni

Un ruolo importante lo avranno le regioni, a cui spettano «i compiti di programmazione dei percorsi della filiera e di definizione delle sue modalità realizzative». Le stesse regioni possono decidere di aderire alla filiera; faranno parte della sperimentazione praticamente tutte le regioni di Italia, tranne la Sardegna, ma in alcuni casi gli istituti coinvolti sono pochi, anche uno, mentre altrove sono più numerosi (il massimo in Lombardia e Puglia, rispettivamente 27 e 25 scuole partecipanti). Alcuni enti non hanno ancora preso una decisione, in attesa del decreto attuativo.

Cala l’appeal dell’istruzione professionale

La nuova filiera, quindi, vuole combattere il mismatch accorciando i tempi della formazione secondaria professionale e proponendo programmi che siano più in linea con le esigenze del mercato, con un forte legame con la tecnologia. Questo anche per spingere la crescita della formazione professionale, che negli ultimi anni ha perso decisamente il passo dei licei. Come si può vedere in tabella, 17 anni fa (A.A 2007-2008) il 45,3% dei ragazzi aveva scelto un liceo, mentre il 54,7% aveva scelto un istituto tecnico (33,8%) o un istituto professionale (20,9%). L’anno che sta per iniziare, invece, vede le seguenti cifre: 55,6% licei, 31,7% istituti tecnici e 12,7% professionali. Siamo ancora in fase di sperimentazione e la riforma è stata appena approvata, quindi è presto per dare giudizi, ma per l’anno che sta per iniziare sono 1.669 gli iscritti al nuovo sistema 4+2. Saranno poco più duemila se si considera anche un’altra recente novità, ovvero il liceo del made in Italy, che vedrà classi molto piccole: sono solo 375, infatti, le iscrizioni effettuate.