I primi sono stati quelli di Netflix, che dal novembre 2022 in Italia hanno lanciato il loro abbonamento a prezzo più basso ma con spot pubblicitari. Un anno dopo, nel novembre 2023, gli spot hanno debuttato pure su Disney+. Infine, ad aprile 2024, la pubblicità è arrivata anche su Prime Video.
E proprio su Prime Video, che è l'offerta pay col prezzo più basso tra le tre considerate (poco più di quattro euro al mese), la presenza degli inserti commerciali sembra essere più pressante: almeno due break pubblicitari da 90-120 secondi ciascuno durante la visione di un contenuto, con in media cinque-sei spot per break.
Ma questi tre over the top, al contrario, ad esempio, di Dazn, non hanno ascolti certificati da un Jic; rappresentano comunque un sottoinsieme rispetto al mercato televisivo; e gli abbonamenti con pubblicità sono pochi rispetto alla massa di abbonati a Netflix, Disney + e Prime Video, e quindi pesano ancora meno sul mercato.
Perciò, come spiegano gli uomini dei centri media italiani, stiamo parlando di noccioline, peanuts, in relazione agli investimenti pubblicitari intercettati da queste offerte. Le stime, peraltro molto ottimistiche, indicano 20-30 milioni di euro di spot pianificati su Netflix, Prime Video e Disney+ nel 2024. Davvero numeri irrisori rispetto a un mercato pubblicitario televisivo che in Italia potrebbe sfiorare i quattro miliardi di euro a fine anno.
D'altronde, basta dare una occhiata alle strutture per la raccolta pubblicitaria: a Disney+ ci sono Roberto Trojsi e Raffaella Speroni più poche altre risorse, e sono tutti impegnati a seguire più che altro le brand partnership locali, mentre il resto passa tutto dalla sede di Londra.
A Netflix Italia, inizialmente, tutto era affidato al programmatic gestito da Microsoft. E solo negli ultimi mesi si sta provando a creare una struttura più radicata e dedicata al mercato italiano. Struttura che, tuttavia, al momento, non raggiunge le dieci unità. Netflix, peraltro, era partita sul mercato italiano con prezzi degli spazi pubblicitari davvero alti e in molti investitori avevano preferito rivolgersi altrove.
I più organizzati sono invece quelli di Prime Video, potendo contare sulla struttura di Amazon Italia. E ricordando che Amazon, uno dei più grandi retail media al mondo, nel 2024 dovrebbe raccogliere a livello globale circa 53 miliardi di dollari di pubblicità (+24% sul 2023, secondo le stime di Warc), e salire a 68 miliardi nel 2025.
«Il problema degli ott in Italia con spot pubblicitari», commenta il manager di un importante centro media, «è che al momento ci sono tanti spot, soprattutto su Prime video, ma poca reach perché l'universo degli abbonati a offerte con pubblicità è ancora piccolo. Inoltre gli spot, soprattutto su Prime, sono venduti a prezzi molto bassi, poiché il mezzo ott, senza rilevazioni delle audience certificate da un Jic, non è ritenuto al momento molto efficace dagli investitori. C'è infine anche un ultimo tema: l'eccesso di dati che gli ott possono mettere a disposizione delle pianificazioni, e che, alla fin fine, crea più confusione che altro. Tanto che, negli ultimi tempi, gli stessi over the top hanno deciso di non utilizzare troppi big data nell'illustrare le loro offerte commerciali agli inserzionisti pubblicitari».