Arriva l’Iva sugli affitti brevi. Le piattaforme digitali come Airbnb diventeranno direttamente responsabili della raccolta e del versamento dell’Iva sulle prenotazioni di alloggi a breve termine. A partire da luglio 2028, l’opzione sarà facoltativa, ma diventerà obbligatoria dal gennaio 2030. Mentre per la piena introduzione dell’e-fattura a livello europeo si dovrà attendere il 2035. Sono alcuni dei punti salienti del pacchetto di riforma dell’Iva nell’era digitale (ViDA), oggi in fase di approvazione in sede Ecofin dopo che l’Estonia ha rimosso il suo veto.
I punti focali della riforma
Il secondo pilastro della riforma si concentra sulle piattaforme digitali di affitti brevi e sui servizi di trasporto, che rappresentano oltre il 70% dell’economia delle piattaforme escludendo il settore delle merci, secondo le stime della Commissione europea che indicava un extra-gettito di almeno 6 miliardi di euro all’anno. Il nuovo sistema di “fornitore presunto” impone alle piattaforme digitali di riscuotere l’Iva anche quando i fornitori dei servizi (ad esempio i locatori privati o i piccoli autisti di ride-sharing) non la addebitano direttamente. La piattaforma stessa diventa quindi responsabile della gestione dell’IVA per le transazioni sottostanti. Ad essere esclusi saranno i fornitori che già sono dotati di partita Iva.
Fatturazione elettronica
Il primo pilastro della riforma dell’Iva digitale riguarda, invece, la fatturazione elettronica obbligatoria. La proposta iniziale prevedeva di armonizzare tutti i regimi di e-fatturazione domestici degli Stati membri al nuovo standard europeo già entro il 2027. Tuttavia, la scadenza è stata posticipata a gennaio 2035 per via delle preoccupazioni di paesi come Italia, Francia e Polonia, che hanno già investito significativamente nei propri sistemi nazionali di e-fatturazione. Questa dilazione concede più tempo agli stati membri per adattare i loro sistemi alla nuova infrastruttura unificata, consentendo l'armonizzazione graduale della reportistica e della gestione IVA per tutte le transazioni, sia domestiche che intracomunitarie.
Già a partire da luglio 2030, però, saranno attivi i requisiti di reportistica digitale per le transazioni intracomunitarie. Questo implicherà che le imprese dovranno segnalare in modo dettagliato tutte le operazioni tra stati membri, comprese le vendite, gli acquisti e i servizi tra aziende (B2B). Ogni Stato membro sarà libero di sviluppare i propri protocolli tecnici per la raccolta di queste informazioni, pur seguendo linee guida comuni. In questa fase, le e-fatture dovranno essere conformi agli standard stabiliti dalla Direttiva 2014/55/UE, che regolamenta la fatturazione elettronica per gli appalti pubblici. A gennaio 2035, invece, si farà un ulteriore passo avanti: gli standard ViDA per la fatturazione elettronica e la reportistica digitale, già applicati per le transazioni tra stati membri, diventeranno obbligatori anche per le transazioni domestiche, ovvero quelle che avvengono all'interno di ciascun paese dell’Ue, mandando quindi in pensione la e-fattura italiana. La misura, secondo la Commissione europea, potrebbe generare un introito aggiuntivo di circa 11 miliardi di euro all'anno di gettito Iva. Inoltre, Bruxelles prevede che le imprese otterranno risparmi per circa 4 miliardi di euro all'anno grazie alle dichiarazioni Iva precompilate e alla semplificazione.
Il terzo pilastro
Il terzo pilastro della riforma, infine, si concentra sulla registrazione unica Iva. L’estensione dell’Oss (One-Stop Shop) permetterà alle imprese e-commerce e alle attività B2B di evitare registrazioni multiple nei vari stati membri. Le nuove disposizioni semplificheranno la gestione fiscale per le aziende non stabilite nell’Ue, prevedendo che lo stato membro da cui le merci vengono spedite diventi il paese di registrazione. Con il sistema OSS ampliato, le imprese potranno ridurre i costi legati alle registrazioni IVA in più giurisdizioni, semplificando le operazioni transfrontaliere.
Riproduzione riservata