Per le PA obbligo di pagamento delle fatture commerciali a 30 giorni anche contro la volontà del creditore. È uno dei chiarimenti contenuti nella circolare della Ragioneria generale dello Stato n. 36 dell’8/11/2024, emanata nel quadro della Riforma n. 1.11 del Pnrr denominata “Riduzione dei tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni e delle autorità sanitarie”. In particolare, a seguito delle modifiche apportate al Piano con decisione del Consiglio dell’8 dicembre 2023, è stata introdotta la milestone M1C1-72bis, che prevede una serie di interventi volti a favorire un’accelerazione nel percorso di miglioramento i ai fini del conseguimento dei target previsti dalla stessa riforma, al primo trimestre del 2025 e del 2026.
Linee guida
Al riguardo, tenuto conto che alcuni dei predetti interventi sono volti qualificare ed illustrare profili applicativi della disciplina vigente, anche a seguito delle recenti interlocuzioni con la Commissione europea, Via XX Settembre ha ritenuto opportuno fornire le necessarie linee guida per l’individuazione delle fatture di natura commerciale, per il corretto utilizzo della facoltà prevista dall’articolo 4, comma 4, del Dlgs 231/2002, nonché per gli adempimenti degli organi di controllo di regolarità amministrativa e contabile, in ordine al corretto utilizzo della predetta facoltà. A questo proposito, la circolare ribadisce con forza che il termine ordinario per i pagamenti è fissato in 30 giorni, fatta eccezione per gli enti del comparto sanitario e delle imprese pubbliche di cui al dlgs 11 novembre 2003, n. 333 (in questi casi il termine è raddoppiato). Pertanto, l’eventuale estensione dei tempi di pagamento oltre tale termine, fino ad un massimo di 60 giorni, deve essere puntualmente giustificata, con prova per iscritto della clausola relativa al termine, in ragione della particolare “natura del contratto” o di “talune sue caratteristiche”, come prescritto dalla normativa di riferimento sopra citata.
Applicazione non corretta
Dall’analisi delle fatture relative all’anno 2023, sono emerse casistiche di non corretta applicazione del termine di pagamento. In taluni casi, infatti, le PA hanno indicato termini di scadenza che superano il periodo stabilito dalla direttiva europea e dalla legislazione nazionale di recepimento, con evidenze in cui la data di scadenza della fattura superiore ai 30 giorni deriva presumibilmente da errori commessi in fase di registrazione dei documenti contabili. In considerazione del fatto che le fatture ricevute nel 2024 saranno oggetto di rendicontazione del target del primo trimestre 2025 della M1C1-Riforma 1.11 del Pnrr, la Rgs invita a voler verificare la sussistenza delle condizioni previste dal dlgs 231 qualora i termini di scadenza indicati siano superiori a 30 giorni. Particolare attenzione dovrà essere riservata alla situazione delle eventuali fatture che riportano termini di scadenza superiori a 60 giorni, non consentiti dalla normativa vigente. Al riguardo, viene rammentato che anche laddove l’impresa fornitrice di beni o servizi emetta autonomamente una fattura elettronica con espressa indicazione di una scadenza superiore a 30 giorni, l’amministrazione – in assenza dei richiamati presupposti stabiliti dalla richiamata normativa, adeguatamente documentati e riscontrabili – ai fini del pagamento della fattura, dovrà ricondurre la scadenza al termine di 30 giorni. La circolare sensibilizza, infine, anche gli organi di controllo di regolarità amministrativa e contabile, nell’ambito dei rispettivi contesti di applicazione, a verificare, nei pagamenti delle fatture, la corretta applicazione delle disposizioni vigenti, tenendo presente, in particolare, che: le scadenze di fatture superiori a 60 giorni dalla data di ricevimento non sono, in alcun caso, ammissibili al di fuori dei casi menzionati.
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