Uno stop alla pianificazione aggressiva delle multinazionali
Uno stop alla pianificazione aggressiva delle multinazionali
Effetto domino sui colossi: dopo le indagini della Commissione europea, i Paesi provano con le riforme a mettere una barriera alle pratiche che hanno sottratto gettito. Ma per ora i profitti nei paradisi fiscali restano elevati

di di Matteo Rizzi 15/09/2024 02:00

Effetto domino sulle multinazionali. Le indagini avviate dalla Commissione europea sul fisco di favore hanno generato, per reazione, diverse riforme nell’Unione europea. Obiettivo: limitare le pratiche che hanno permesso a Paesi come Irlanda, Paesi Bassi, Lussemburgo e Belgio di fiorire come centri che aiutano le multinazionali a sottrarsi ai doveri fiscali, sottraendo gettito fiscale agli altri Paesi dell’Unione.

Nonostante i progressi, non è ancora possibile chiudere il capitolo dell’elusione miliardaria, facilitata dalle discrepanze nelle regole fiscali del mercato unico. Secondo i rapporti della Commissione europea, i 4 Paesi (Irlanda, Paesi Bassi, Lussemburgo e Belgio) rimangono centrali nel trasferimento di profitti, che garantisce un carico fiscale ridotto. Nel 2022, i profitti globali delle multinazionali hanno raggiunto circa 14.500 miliardi di euro, di cui 1.300 miliardi trasferiti in Paesi a bassa tassazione, anche all’interno dell’Unione. Le proposte di riforma esistono, ma manca la volontà politica per attuarle. Eppur qualcosa inizia a muoversi. Lo scorso 10 settembre, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha dato definitivamente ragione alla Commissione europea nel caso contro Apple e l’Irlanda, segnando una delle rare vittorie di Bruxelles nel campo degli aiuti di Stato e del fisco. Tuttavia, i veri effetti delle indagini si riflettono non tanto nelle casse dei big, ma soprattutto nelle riforme fiscali dei paradisi fiscali europei degli ultimi anni.

Aiuti di Stato sotto la lente

La sentenza sula caso Apple ha dimostrato che le decisioni fiscali non sfuggono al controllo sugli aiuti di Stato dell’Ue: gli Stati membri hanno la competenza esclusiva di definire il loro sistema di tassazione delle imprese. Tuttavia, la Commissione può esercitare un controllo per evitare che le imprese ricevano vantaggi fiscali ingiusti attraverso decisioni che derogano alla legge nazionale, alla giurisprudenza interna o alla pratica amministrativa.

“Una volta che gli Stati membri hanno esercitato la loro sovranità fiscale, l’amministrazione fiscale deve rispettare le proprie regole”, ha indicato la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager a seguito della pubblicazione della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea. La Commissione ha quindi l’onere di dimostrare che gli Stati membri si sono discostati dai propri parametri.

Ma il quadro è più ampio. “Le nostre indagini hanno contribuito in modo decisivo a un cambiamento di mentalità, a un cambiamento di atteggiamenti tra gli Stati membri. Hanno contribuito a innescare o accelerare riforme normative e legislative”. Per la stessa Irlanda: “oggi il caso Apple non potrebbe più verificarsi”. L’Irlanda ha modificato le proprie regole di residenza fiscale aziendale per evitare che le società costituite in Irlanda siano prive di uno stato di residenza fiscale. Ma anche altri hanno cambiato rotta.

A seguito dell’indagine su Fiat, il Lussemburgo ha adottato cambiamenti sostanziali nella propria legislazione per garantire la conformità al principio di libera concorrenza. Hanno anche chiarito il trattamento fiscale delle società finanziarie. Nei Paesi Bassi, la politica sulle decisioni fiscali è cambiata: dal 2019, hanno adottato una legislazione per contrastare l’uso di società di comodo per evitare o eludere le tasse. Una società è ora tenuta ad avere una presenza economica significativa nei Paesi Bassi per ottenere una decisione fiscale.

A Cipro, sono state apportate modifiche, nel 2013 e nel 2017, nell’area del transfer pricing: regole più chiare per quanto riguarda determinate operazioni finanziarie e l’introduzione di principi generali di transfer pricing, ispirati dall’Ocse.

Nell’ambito dell’attuazione dei diversi Pnrr, inoltre, la Commissione sta discutendo con alcuni Stati membri riforme legislative per affrontare le misure di pianificazione fiscale aggressiva e la concorrenza fiscale dannosa.

I Paesi Ue corrono ai ripari: ecco come

Oltre ai cambiamenti legislativi specifici attuati da alcuni Stati membri, nell’ultimo decennio è stato adottato un insieme di iniziative legislative più ampie. Queste iniziative sono state promosse dalla Commissione e spinte dal momento creato dalle indagini sugli aiuti di Stato.

  • In primo luogo, è stata raggiunta una maggiore trasparenza fiscale attraverso varie modifiche della direttiva sulla cooperazione amministrativa nel campo della tassazione. Dal 2017, lo scambio automatico dei ruling fiscali tra gli Stati membri “ha ridotto l’uso di tali accordi per ottenere vantaggi fiscali”, ha detto Vestager.
  • In secondo luogo, le misure dell’Ocse contro l’erosione della base imponibile e il trasferimento dei profitti (Beps) sono state attuate dagli Stati membri dell’Ue grazie alle direttive Anti-Elusione Fiscale dell’Ue e in questo momento, la Commissione sta verificando l’attuazione di queste direttive da parte degli Stati membri.
  • In terzo luogo, l’Ue ha adottato la direttiva sul livello minimo effettivo di tassazione globale (il secondo Pilastro della riforma Ocse). Basandosi sul lavoro svolto dall’Ocse, questa direttiva ha introdotto un’aliquota fiscale minima effettiva per le imprese pari al 15%.

Infine, la Commissione ha proposto due direttive: la prima volta a combattere l’uso di entità di comodo e altri accordi per fini fiscali. E più recentemente, una diretta ad armonizzare le regole di transfer pricing all’interno dell’Ue per garantire un approccio comune e una parità di condizioni.

“Purtroppo, ma forse non sorprendentemente, le discussioni in seno al Consiglio su queste proposte non stanno progredendo bene”, ha sottolineato, evidenziando la mancanza di volontà politica da parte degli Stati.

La strada fatta e quella ancora da fare

«All’inizio del mio primo mandato come commissaria per la concorrenza (2014, ndr), la pianificazione fiscale aggressiva stava già attirando l’attenzione del pubblico. Le multinazionali venivano chiamate a testimoniare davanti a commissioni parlamentari negli Stati Uniti e nel Regno Unito per spiegare i loro accordi fiscali nascosti», ha spiegato Vestager. «Stava avvenendo uno spostamento sismico». L’evasione fiscale delle imprese è stata quindi messa sotto i riflettori dai giornalisti investigativi, come il consorzio che ci ha portato il caso LuxLeaks. Hanno rivelato che diverse aziende pagavano quasi nessuna tassa in Europa, abusando di scappatoie e asimmetrie tra i diversi sistemi fiscali. E che pochi Stati membri si affidavano a decisioni fiscali e a misure di pianificazione fiscale aggressiva per diventare una destinazione più attraente per gli investimenti multinazionali, creando un danno ad altri Stati membri e ai contribuenti europei.

«Gli aiuti di Stato concessi sotto forma di vantaggi fiscali non erano, e non sono, nulla di nuovo», ha sottolineato. Tuttavia, le indagini sulle decisioni fiscali hanno portato la Commissione in un territorio inesplorato. «Siamo stati supportati nella nostra azione dal Parlamento europeo, dalla società civile e dai cittadini europei che richiedevano una risposta pubblica. Ma naturalmente questo implicava dei rischi legali».

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