Tamponi, una parola che sta diventando quasi un’ossessione sul percorso che ci porta verso il pieno superamento della fase 1. I tamponi e la loro disponibilità su larga scala, sono vitali per procedere in modo più sicuro verso la fase 2 e evitare una ripresa dell’epidemia. Certo è costoso, ma come sempre una buona prevenzione potrebbe avere, a conti fatti, costi inferiori rispetto ai danni prodotti da una eventuale ricaduta all’indietro, verso un nuovo lockdown.
Il tampone è un cotton fioc con un piccolo contenitore contenente il terreno di coltura nel quale mantenere in vita il virus, e una serie di reagenti particolari necessari per eseguire operazioni come la lisi delle cellule e l’amplificazione del materiale genetico del virus (RNA). I reagenti da utilizzare per sviluppare il tampone sono commercialmente disponibili e le aziende che li producono li vendono come kit preconfezionati, standardizzati e validati, molto pratici per l’operatore che deve utilizzarli. Il problema è che ne servono tanti, tantissimi. E quindi le aziende che li producono, impreparate ad affrontare una emergenza di tali proporzioni, oggettivamente non hanno la possibilità di soddisfare completamente la richiesta.
Ma ci sono alternative all’uso di questi kit. Infatti, questi non sono altro che un insieme di reagenti già mescolati nei dosaggi giusti e utili a fare direttamente le operazioni necessarie a sviluppare il tampone. Un buon laboratorio di virologia opportunamente attrezzato, non ha grandi problemi a effettuare tali test, anche in numero elevato, utilizzando reagenti “sfusi” messi insieme nelle opportune proporzioni. E in effetti qualcuno ha operato e sta operando proprio in tal senso.
In Veneto l’Università di Padova in accordo con la Regione ha pianificato la realizzazione dei tamponi addirittura da gennaio, comprando apposite apparecchiature che sono in grado di processare un elevato numero tamponi e facendo scorta di reagenti. Ma anche se il primo in ordine temporale, quello citato non è l’unico esempio. L’Università di Firenze infatti ha analizzato i kit identificando i vari reagenti all’interno di essi e mettendo i dati a disposizione del ministero della Salute per chi volesse farne uso. Ancora, l’Università di Perugia si è organizzata per produrre in proprio un reagente attualmente difficile da reperire sul mercato, il guanidinio tiocianato, necessario per produrre lisi delle cellule ePerugis del virus prelevati con il tampone, e per inibire gli enzimi RNasi e DNasi che degraderebbero l’RNA virale prima che l’operatore possa amplificarlo. Quindi è possibile realizzare un test “in-house” e alcune Università stanno contribuendo in modo eccellente per superare il problema che si è creato con la carenza dei kit preconfezionati.
Sebbene ogni realtà si muova in modo autonomo e diversificato a livello regionale, le Università stanno mostrando ancora una volta come la ricerca scientifica possa contribuire in modo eccellente nell’affrontare importanti problemi nazionali e globali, anche colmando alcune carenze che del paese inteso come sistema. In Italia, infatti, si è rivolta sempre minore attenzione all’industria chimica e farmaceutica. Queste sarebbero davvero da considerare come strategiche, ma i governi degli ultimi 30-40 anni non lo hanno più fatto, a partire dal crollo della grande industria chimica e farmaceutica italiana avvenuto alla fine degli anni ottanta. Nell’attesa che si riscopra l’importanza strategica della chimica per un grande stato avanzato e moderno, come accade ad esempio in paesi come la Germania, la Francia e gli Stati Uniti, l’Università si sta proponendo di colmare questo specifico gap in questa fase di emergenza
C’è da chiedersi però se nei prossimi anni in Italia ci si ricorderà di finanziare adeguatamente l’Università e la Ricerca che negli ultimi decenni sono state sempre più penalizzate in termini di risorse investite. Gli stati più avanzati, nelle fasi di grande crisi, hanno sempre aumentato in modo cospicuo le risorse investite in Ricerca e Università, proprio perché ciò darà grandi frutti nel futuro, anche se non immediato.
*Ordinario di Chimica farmaceutica Università di Roma La Sapienza
e vicepresidente della Divisione di Chimica farmaceutica della Società Chimica Italiana