Stop alle penalizzazioni per i precari della scuola. Al passaggio in ruolo, la ricostruzione delle carriere, anche ai fini pensionistici, deve avvenire senza alcuna decurtazione delle anzianità di servizio, cioè considerando tutti i giorni lavorati durante le supplenze anche se inferiori a 180 giorni. A stabilirlo è la Corte di giustizia dell'Unione europea con la sentenza alla causa C-270, condannando l'Italia (ministero dell'istruzione e Inps) per contrasto alla direttiva 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato in relazione alle le norme che prevedono, in caso di stabilizzazione dei precari della scuola, che solo il servizio prestato per almeno 180 giorni in un anno o dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale possa essere computato come annualità completa ai fini della carriera.
Sotto esame è finita una particolare disciplina della scuola, per cui i periodi di insegnamento prestati dai docenti non di ruolo inferiori a un anno scolastico sono equiparati, ai fini dell'anzianità, all'intero anno scolastico solo se il servizio prestato abbia avuto durata di almeno 180 giorni o sia stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio al termine delle operazioni di scrutinio finale, indipendentemente dal numero effettivo di ore lavorate e anche nel caso in cui le ore settimanali svolte sia inferiore all'orario settimanale del regime di lavoro a tempo pieno o part-time. La norma è a favore di quanti superano 179 giorni di servizio, ma non 365 giorni (il meno lavorato è un bonus), mentre è a sfavore di quanti non arrivano a 180 giorni di servizio: è perso tutto o quasi il lavorato (malus).
Il caso concreto. La questione è stata posta da alcuni insegnanti, precari poi stabilizzati, tra cui un docente di scuola dell'infanzia e uno di scuola secondaria. Nel riconoscere l'anzianità conseguita con pre-ruolo, il ministero dell'istruzione ha ricostruito le carriere con un'anzianità, rispettivamente, di 5 anni e 4 mesi al docente di scuola d'infanzia e di 13 anni e 4 mesi al docente di scuola superiore. Il Tribunale di Ravenna, ritenendo che il ministero avesse computato un'anzianità diversa da quella spettante (cioè, effettiva) violando la clausola 4 della Direttiva 1999/70/CE, ha riconosciuto un periodo di anzianità, rispettivamente, di 5 anni, 11 mesi e 8 giorni al docente di scuola dell'infanzia e di 18 anni, 6 mesi e 1 giorni al docente di scuola superiore, cioè valutando gli effettivi giorni di lavoro.
La Corte Ue nota che, negli incarichi, gli insegnanti esercitavano stesse mansioni e occupavano stessi posti di lavoro, presso lo stesso datore di lavoro, dei docenti a tempo indeterminato chiamati a sostituire. Pertanto, i lavoratori a termine (supplenti) si trovano in una situazione comparabile a quella dei docenti di ruolo sostituiti, con un evidente differenza di trattamento dei primi nei confronti dei secondi. Differenza ammessa dalla direttiva 1999/70/CE, a patto che sussista una differenza nelle attività prestate, cosa non evidente per cui, in conclusione, la corte di giustizia UE dichiara la normativa italiana non conforme alla direttiva 1999/70/CE (viola la clausola 4). Vale la pena ricordare, infine, che la nuova sentenza è l'evoluzione della precedente pronuncia c.d. Motter della stessa corte UE (causa C-466/17 del 2018), in parte superata per i neo-assunti dal 1° settembre 2023 dalla Legge n. 103 del 10/08/2023. Ma la questione resta aperta per i vecchi precari, ai quali non resta che ricorrere al tribunale.