Pubblicità web, Londra accusa Google di abuso di posizione dominante
Pubblicità web, Londra accusa Google di abuso di posizione dominante
L'autorità britannica garante della concorrenza, la Cma, ha accusato il gruppo Usa Google di abuso di posizione dominante nella pubblicità online nel Regno Unito. Anche negli usa è iniziata una nuova causa nei confronti del colosso californiano che avrebbe violato la legge antitrust statunitense. Google nega le accuse: la sua quota nei mercati pubblicitari è pari al 30%

di Redazione Roma 06/09/2024 13:01

Google nel mirino dell'Antitrust inglese. L'autorità britannica garante della concorrenza, la Cma, ha accusato il gruppo Usa Google di abuso di posizione dominante nella pubblicità online nel Regno Unito. L'annuncio arriva a conclusione di un'indagine aperta nel 2022. Il giudizio provvisorio potrebbe diventare definitivo a seconda delle risposte fornite dal gruppo californiano. Queste conclusioni riguardano "il modo in cui Google ha favorito il proprio sistema di scambio di annunci, che danneggia la concorrenza", ha scritto la Cma in un comunicato stampa.

Anche negli Stati Uniti è iniziata una nuova causa nei confronti di Google. Il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti contesta il modo in cui il gigante della ricerca monetizza la pubblicità attraverso un sistema che, secondo i pubblici ministeri, danneggia gli editori. Il Dipartimento di Giustizia e una coalizione di stati cercheranno di dimostrare che Google ha violato la legge antitrust statunitense nelle sue attività di pubblicità digitale. il nuovo processo si concentrerà infatti sulla meno evidente tecnologia di Google, che mette in contatto editori di siti web e inserzionisti. Grazie a questi strumenti pubblicitari, oltre il 75% dei 307,4 miliardi di dollari di fatturato di Google lo scorso anno è derivato dalla pubblicità. 

Google ha negato le accuse, affermando di non essere tenuta a condividere i vantaggi tecnologici con i rivali e che i suoi prodotti sono interoperabili con quelli offerti dai concorrenti. Google afferma che la sua quota in questi mercati è pari al 30% – o meno – se si include la pubblicità sui social media, lo streaming TV e le app, e che la limitata attenzione del Dipartimento di Giustizia alle pubblicità sui siti web oscura la concorrenza che deve affrontare con la crescita di tali categorie.