Lo Stato non ha colpe se il clima va a rotoli
Lo Stato non ha colpe se il clima va a rotoli
Secondo il Tribunale di Roma lo Stato italiano non ha l’obbligo giuridico di assumere iniziative più efficaci contro il cambiamento climatico e non sono ammissibili richieste di risarcimento del danno

di di Gaudiana Giusti*  26/03/2024 02:00

Lo Stato italiano non ha l’obbligo giuridico di assumere iniziative più efficaci contro il cambiamento climatico e non sono ammissibili richieste di risarcimento del danno. Perché, in sostanza, le scelte politiche non sono sindacabili dai giudici a pena di violazione del principio costituzionale di separazione dei poteri. Lo ha deciso in primo grado il Tribunale Civile di Roma (II sezione) con sentenza del il 26/2/2024 nella causa “Giudizio Universale” presentata da un gruppo di associazioni e cittadini guidati dalla Ong A Sud.

Climate change antropogenico

Nel giudizio, avviato nel 2021, lo Stato era chiamato a rispondere per non aver adottato politiche adeguate di contrasto al climate change “antropogenico”. Il Tribunale ha rigettato le domande principali, sulla riduzione entro il 2030 delle emissioni di anidride carbonica del 92% rispetto al 1990, per difetto assoluto di giurisdizione. La strategia dei ricorrenti era variegata. Da un lato si faceva ricorso alla “strategic human rights-based litigation” che richiede agli Stati di promuovere una serie di diritti connessi al cambiamento climatico (diritto a salute, sviluppo, uguaglianza di genere, emancipazione delle donne, equità intergenerazionale). Dall’altro lato era invocato l’aspetto ambientale, in base alla copiosa disciplina comunitaria e nazionale. Infine, l’aspetto civilistico di responsabilità extracontrattuale dello Stato (art. 2043 codice civile, ex sentenza 641 del 1987 della Consulta): non aver agito per prevenire danni in situazioni di “minaccia urgente”, che secondo i ricorrenti era comprovata dalla scienza.

Decisioni politiche non sanzionabili

Secondo i giudici, invece, le “decisioni su modalità e tempi di gestione del cambiamento climatico antropogenico – che comportano valutazioni discrezionali di ordine socio-economico e sui costi-benefici nei più vari settori della collettività umana – rientrano nella sfera di attribuzione degli organi politici e non sono sanzionabili nel giudizio civile”. Governo e Parlamento compiono “atti e comportamenti manifestamente espressivi della funzione di indirizzo politico… nella delicata e complessa questione, indubbiamente emergenziale”. Non sono quindi domande che avrebbero dovuto essere rivolte ad altro giudice, quanto domande che non possono essere rivolte a nessun giudice perché così il potere giudiziario sconfinerebbe negli ambiti del potere legislativo ed esecutivo.

Il Tribunale ha poi ritenuto che la domanda subordinata volta ad ottenere una modifica del Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) sia estranea alla giurisdizione ordinaria. Il regolamento UE 2018/1999 disciplina la formazione del Piano, lasciando agli Stati discrezionalità nell’individuare le misure più idonee per raggiungere gli obiettivi. Eventuali carenze per adeguatezza, coerenza e ragionevolezza rispetto ai medesimi vanno fatte valere dinanzi al giudice amministrativo.

Battuta d’arresto per l’associazionismo

Questa pronuncia rappresenta una battuta d’arresto per l’associazionismo ambientale, dopo i successi ottenuti in altre giurisdizioni (Olanda, Francia e Germania). Tuttavia, alcuni commentatori hanno rilevato alcune indicazioni positive. In primo luogo, la sentenza afferma che la responsabilità dello Stato-legislatore è “predicabile nei casi di violazione del diritto dell’Unione europea.” Se quindi l’Italia risultasse non aver adempiuto nel tempo la copiosa normativa europea potrà essere chiamata a risponderne. Poi, il passaggio sulla censurabilità di “asserite carenze del Pniec” davanti al giudice amministrativo sembra lasciare aperta la strada a un diverso tipo di procedimento. Da ultimo, la sentenza è rivolta allo Stato italiano: non è detto che in giudizi contro le grandi corporations le conclusioni delle corti italiane non possano essere significativamente diversi.

*Studio Legale Bastianini Carnelutti

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