I fatturati delle imprese italiane aumenteranno con passi diversi, sia quest’anno sia il prossimo. A fare la differenza è la diversa esposizione agli shock: dalla fine degli incentivi al calo dei redditi disponibili, dai tassi di interesse alle tensioni geopolitiche. In particolare, fanno da traino, nel 2024, i servizi, soprattutto quelli coinvolti dai processi di digitalizzazione o legati al turismo e alla ristorazione. Mentre sono in affanno la produzione industriale e le esportazioni, a causa della debolezza della domanda, sia interna che estera. Invece, il 2025 volge al bello per mezzi di trasporto, sistema moda, elettromeccanica, costruzioni (che dovrebbero beneficiare dei cantieri infrastrutturali legati al Pnrr) e per il comparto immobiliare, favorito dalla parziale discesa dei tassi e quindi dei mutui.
Questo è il quadro delineato dal Cerved Industry Forecast 2024-25, lo studio di Cerved che analizza, con dati aggiornati ad agosto, l’evoluzione dei ricavi delle imprese italiane nel prossimo biennio, secondo cui, malgrado l’incertezza che caratterizza il contesto geopolitico e nonostante i tassi di interesse elevati, i fatturati 2024 delle imprese italiane sono previsti in lieve crescita (+0,5% in termini reali, in uno scenario che si mantenga simile all’attuale) per poi migliorare ancora nel 2025 (+1,2%).
«Il contesto di questo autunno vede un’inflazione ormai tornata su livelli fisiologici per la quasi totalità degli input produttivi e una politica monetaria europea ancora restrittiva, con una discesa dei tassi di interesse molto graduale», spiega Carlo Purassanta, presidente esecutivo di Cerved, «gli investimenti ne risultano ancora fortemente penalizzati, con un calo che è ulteriormente aggravato dalla fine degli incentivi che negli ultimi tre anni avevano trainato il comparto delle costruzioni. Da qui, la crescita moderata per il 2024, dopo la sostenuta ripresa degli anni post-pandemia, con delle differenze sostanziali tra i settori verticali. Interessante la ripresa che ci aspettiamo nel 2025».
Cosa c’è alla base delle stime di sviluppo?
«Il sistema produttivo italiano nel 2024 subisce una decelerazione superiore a quella del pil (+0,5% rispetto a +0,8%) a causa dei consumi interni deboli, dovuti al deterioramento del reddito disponibile delle famiglie, della domanda estera in rallentamento, degli investimenti penalizzati dalla politica monetaria restrittiva e della fine degli incentivi post-Covid a sostegno del sistema Paese», aggiunge Serenella Monforte, analista esperta di Sector Analysis & Forecasting in Models Lab, società di Cerved Group, «invece, l’accelerazione attesa nel 2025 si spiega con l’inversione della politica monetaria e il miglioramento delle condizioni finanziarie, l’utilizzo effettivo della quota maggioritaria degli investimenti finanziati dal Pnrr che sosterranno la costruzione di infrastrutture, la ripresa del settore automotive e delle esportazioni di auto e componentistica».
Due gli scenari ipotizzati: base e worst
Le previsioni, elaborate tenendo conto dei bilanci delle società di capitali italiane (circa 700 mila aziende) prospettano due scenari macroeconomici (base e worst). Lo scenario base, quello più probabile, è caratterizzato da una perdurante incertezza del contesto geopolitico mitigata però da una stabilizzazione della spinta inflazionistica, da un impulso positivo dei fondi pubblici del Pnrr destinati alle infrastrutture e da un lieve allentamento della politica restrittiva della Bce; e lo scenario peggiore (worst) è caratterizzato da un’escalation del conflitto, la ripresa della spinta inflazionistica e il permanere della politica restrittiva delle autorità monetarie, con ulteriore effetto depressivo su investimenti e consumi.
In base alle stime di Cerved, nello scenario base le imprese chiuderanno il 2024 con ricavi in aumento dello 0,5% in termini reali (cioè deflazionati, pari al 2,3% in termini nominali) che saliranno all’1,2% nel 2025, portando a +2,58% la variazione positiva dei ricavi del 2025 rispetto al 2022, con andamenti però molto differenziati a livello di comparti. Per esempio l’agricoltura risentirà dei ripetuti eventi estremi dovuti al cambiamento climatico che impattano sulla produzione (-1,94% la variazione di fatturato del 2025 rispetto al 2022); mentre le costruzioni subiranno una flessione fisiologica (-4,47%) dopo la straordinaria crescita del triennio precedente grazie agli incentivi, ma sono sostenute dai fondi del Pnrr per le infrastrutture. I settori industriali, tranne elettrotecnica e informatica (+5,64%), soffriranno per il calo di domanda nazionale ed estera e anche il sistema moda (-3,84%) e il sistema casa (-9,78%) saranno in contrazione.
In terreno positivo viaggeranno i beni di largo consumo (+2,81%), così come la logistica e i trasporti (+3,74%), per effetto della crescita strutturale delle vendite online. Le migliori performance però riguarderanno i servizi non finanziari che beneficiano della digitalizzazione (+11,37%).
Nello scenario più pessimistico, invece, ossia ipotizzando un utilizzo non ottimale dei fondi del Pnrr che rallenti lo sviluppo delle costruzioni e una ripresa dell’inflazione che incida sui consumi delle famiglie, potrà verificarsi una contrazione dello 0,4% dei fatturati 2025 rispetto al 2022.
A livello più disaggregato, tra i settori con gli andamenti migliori nel prossimo biennio troviamo quello degli impianti fotovoltaici e quelli legati al turismo e alla ripresa dei viaggi, come la gestione degli aeroporti (+36%), la produzione di aeromobili (+51%), le agenzie di viaggio e tour operator (+35%).
Anche l’organizzazione di fiere è in forte recupero (+53%) e sta ritornando sui livelli pre-Covid. In aumento pure la costruzione di infrastrutture (+42,3%), gli international contractor (+37,5%) e le società di ingegneria (+29,4%), grazie agli investimenti con i fondi del Pnrr. Ottimo l’andamento dell’industria discografica (+37,2%) sostenuta dal mercato digitale.
I risultati peggiori, invece, riguarderanno i settori dei materiali per l’edilizia (mattoni -31%, marmo -27%), che subiscono la frenata delle costruzioni, ma anche gli apparecchi per riscaldamento (-29,5%) e i grandi elettrodomestici (-18,2%) che avevano beneficiato degli incentivi per l’edilizia. In calo strutturale l’editoria di quotidiani e periodici (-25,3%), l’industria grafica (-25,7%) e della carta per usi grafici (-18,6%).
Il profilo di rischio delle imprese
Considerando sia le società di capitale sia le ditte individuali e società di persone (cioè in totale 2 milioni di imprese) Cerved stima che nel 2024 le aziende in area di vulnerabilità e rischio rimarranno sotto il 50%, in linea con uno scenario di consolidamento congiunturale e raffreddamento delle spinte inflazionistiche.
«Negli ultimi anni il driver della rischiosità è stato trainato dall’aumento dei tassi», commenta Monforte, «l’allentamento della politica monetaria porterà a un miglioramento della rischiosità, in particolare per le aziende più indebitate: tale miglioramento si inizierà a percepire nel 2025, ma sarà più evidente nel biennio successivo».
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