Interessi esteri, tassazione doc
Interessi esteri, tassazione doc
 Ritenuta al 12,50% sulla differenza remunerazione-oneri. Così un principio di comportamento Aidc sui redditi di capitale di soggetti non residenti 

di di Fabrizio G. Poggiani 18/07/2024 02:00

Ritenuta del 12,50% a titolo a titolo d’imposta sulla differenza tra gli interessi, percepiti da società o enti non commerciali non residenti nel territorio dello Stato, quale remunerazione dei finanziamenti erogati, e gli oneri da sostenuti da questi ultimi, sempre che, i detti oneri, abbiano una connessione diretta con i medesimi prestiti. Possibile presentazione di un ricorso avverso il diniego, espresso o tacito, se il diritto alla deduzione è fatto valere con una specifica istanza di rimborso. Così l’Associazione italiana dottori commerciali ed esperti contabili (Aidc) di Milano che, con la norma di comportamento n. 225, è intervenuta per definire la base imponibile necessaria per la tassazione diretta, ex comma 5 dell’art. 26 del dpr 600/1973, degli interessi su finanziamenti erogati da soggetti esteri.

La ritenuta

La norma evidenzia che i redditi di capitale percepiti da soggetti non residenti, compresi quelli realizzati nell’esercizio di attività commerciali non riconducibili a stabili organizzazioni collocate sul territorio italiano, sono assoggettati a ritenuta del 12,50% a titolo d’imposta. L’art. 151 del dpr 917/1986 (Tuir), al comma 1, dispone che il reddito complessivo delle società e degli enti commerciali non residenti è determinato esclusivamente dai redditi prodotti sul territorio italiano, mentre ai fini dell’individuazione dei redditi che si devono intendere prodotti nel territorio dello Stato, si deve far riferimento all’art. 23 del medesimo testo unico.

Redditi prodotti in Italia

Di conseguenza, si considerano prodotti in Italia, i redditi di capitale, compresi gli interessi, corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni collocate sul territorio di soggetti residenti all’estero, con la sola esclusione degli interessi e degli altri proventi provenienti da depositi e conti correnti bancari e con alcune esenzioni previste da disposizioni domestiche. L’applicazione della ritenuta, nell’ordinamento comunitario, costituisce una potenziale restrizione alla libera prestazione di servizi anche se giustificata da motivazioni cogenti, come la necessità di garantire la riscossione (sentenze 3/10/2006 C-290/04 e 18/10/2012 C-498/10). In aggiunta, deve essere rispettato il principio di proporzionalità, il quale impone che, nel caso di tassazione della remunerazione dei finanziamenti rappresentata dagli interessi, deve essere rispettato il principio di libera prestazione, con la conseguenza che per le spese professionali direttamente connesse all’attività esercitata, i prestatori nazionali e quelli esteri devono essere posti nella medesima posizione. L’ulteriore conseguenza è la sussistenza di un diritto, dei percettori non residenti, subordinato all’assolvimento dei normali oneri probatori, di invocare la deduzione non solo delle spese professionali per le quali è semplice stabilire il nesso diretto col finanziamento ma anche quelle per le quali può risultare più complicato stabilire una relazione con uno specifico prestito di natura finanziaria (per esempio, gli oneri finanziari sostenuti dal mutuante per procurarsi la provvista).

Cosa ha detto la Corte Ue

Con sentenza C-18/15 – Brisal, la Corte di giustizia Ue ha negato la possibilità di tenere conto dei tassi medi praticati nell’ambito dei finanziamenti interbancari, poiché non corrispondono, sempre per questa giurisprudenza europea, alle spese di finanziamento effettivamente sostenute. Per Aidc, però, le spese necessarie all’ottenimento del finanziamento sono da considerare nella determinazione della base imponibile da assoggettare a tassazione diretta, se documentate, e se il diritto alla deduzione viene esercitato attraverso la richiesta parziale di rimborso, con istanza presentata all’Amministrazione finanziaria, anche nell’ipotesi di inapplicabilità dell’esenzione prevista dalla direttiva (2003/49), in caso di diniego, lo stesso potrà essere impugnato ex art. 7, co. 5-bis, dlgs 546/1992.

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