Il reddito di cittadinanza ha discriminato gli stranieri, subordinandone il diritto al possesso di 10 anni di residenza dei quali gli ultimi due continuativi. Lo stabilisce la Corte di giustizia Ue nella sentenza alle cause C-112/22 e C-223/22 emessa ieri, dichiarando illegittima, inoltre, la previsione della sanzione penale per falsa dichiarazione sullo stesso requisito. Si risolve, così, in lieto fine la causa di due cittadine straniera, che avevano intascato “indebitamente" poco più di 3mila euro a testa di Rdc e rischiavano la sanzione penale. La parola adesso passa alla Corte costituzionale che, proprio in attesa di queste pronunce della Corte Ue, aveva sospeso il giudizio sull’illegittimità costituzionale del requisito dei 10 anni di residenza promosso dalla Corte di appello di Milano. L'operazione che potrebbe costare allo stato circa 850 milioni di euro.
La vicenda
La vicenda prende il via a Napoli. Due cittadine straniere, soggiornanti di lungo periodo, sono denunciate al tribunale per il reato di sottoscrizione domanda di Rdc con falsa attestazione dei requisiti, tra cui quello della residenza (almeno 10 anni dei quali gli ultimi due continuativi), e conseguente indebita percezione del sussidio per 3.414,40 euro la prima e 3.186,66 euro la seconda. Il tribunale, però, nutre dubbi sulla conformità della disciplina Rdc al diritto Ue nella misura in cui, al fine di ottenere il sussidio, che costituisce prestazione di assistenza sociale volta a garantire un livello minimo di sussistenza, impone ai cittadini di paesi terzi di avere risieduto in Italia per almeno 10 anni. Il giudice ritiene, in particolare, che il requisito finisca per istituire un trattamento sfavorevole nei confronti degli stranieri.
La sentenza
La Corte Ue conferma i dubbi del tribunale. Lo status di soggiornante di lungo periodo, si legge nella sentenza, permette alla persona di godere della parità di trattamento; pertanto, l’effettiva differenza tra cittadini stranieri soggiornanti di lungo periodo e cittadini italiani costituisce una discriminazione indiretta. In secondo luogo, la Corte Ue dichiara in contrasto con le norme Ue la previsione della sanzione penale per qualsiasi falsa dichiarazione relativa al requisito di residenza. Tale requisito, si ricorda, è stato vigente da aprile 2019 al 31 dicembre 2023, cioè durante tutto il periodo di operatività del Rdc. È scomparso dal 1° gennaio 2024 con l’entrata in vigore dell’Adi (Assegno d’inclusione), la misura che insieme al Supporto per la formazione e lavoro (Sfl) ha sostituito la disciplina Rdc.
Che cosa succede adesso
La sentenza è favorevole alle due cittadine imputate al tribunale di Napoli e potrebbe esserlo per altri cittadini in lite con Inps, in una causa che vede coinvolta anche la Corte costituzionale sull’illegittimità costituzionale del requisito dei 10 anni di residenza. La suprema Corte ha rinviato più volte di pronunciarsi, proprio in attesa delle sentenze della Corte Ue. L’Inps ha stimato (8 maggio 2024) che, se la Corte costituzionale dovesse stabilire l’incostituzionalità del requisito, i maggiori oneri per lo stato sarebbero di circa 850 mln di euro, relativamente a 106 mila nuclei familiari ai quali, fra il 2019 e il 2023, è stato negato il Rdc per mancanza del requisito dei 10 anni di residenza. Il problema, come detto, non dovrebbe porsi per l’Adi per il quale il requisito di residenza è 5 anni. L’Inps ha fatto anche qui i calcoli stimando 214 mln di oneri aggiuntivi nel 2024 che salgono a 236 mln nel 2033, per oltre 2,2 miliardi di euro in 9 anni.