IA, fibra ottica e 5G: una chimera in tutta l’Unione europea
IA, fibra ottica e 5G: una chimera in tutta l’Unione europea
Ritardi in tutta la Ue, ma l’Italia fa segnare percentuali sotto la media. La relazione della Commissione europea sulle tappe di avvicinamento agli obiettivi del programma “Decennio digitale”

di di Antonio Ciccia Messina 14/07/2024 02:00

L’Ue digitale arranca e l’Italia ancora di più. Nel Bel Paese solo il 5% delle imprese usa l’Intelligenza Artificiale e appena il 45,8% delle persone possiede competenze digitali di base e tutti e due i valori sono sotto la non confortante media europea (rispettivamente 8% e 55,6%). Parola della Commissione europea, che il 2 luglio 2024 ha pubblicato la seconda relazione sullo stato del “Decennio digitale”, denominazione che riassume il complesso degli obiettivi che l’Ue si propone di raggiungere entro il 2030.

I numeri della relazione  sono impietosi, tanto che gli Stati dell’Ue dovranno, entro il 2 dicembre 2024, rivedere e adeguare le rispettive tabelle di marcia nazionali per riallinearsi allo stato di avanzamento previsto dal programma. Nel frattempo, le preoccupazioni per la privacy e la cybersicurezza non diminuiscono: solo il 57% degli italiani, per esempio, ha fiducia nella protezione dei dati digitale. E, quasi 9 europei su 10, chiedono di essere accompagnati da esseri umani nell’utilizzo dei sistemi di IA e delle nuovissime tecnologie.

Le infrastrutture in Europa

Parlando di infrastrutture, in giro per l’Europa, le reti in fibra ottica, fondamentali per fornire connettività Gigabit e consentire l’adozione di tecnologie all’avanguardia come l’IA, il cloud e l’Internet degli oggetti (IoT), raggiungono solo il 64% delle famiglie. Le reti 5G di alta qualità raggiungono solo il 50% del territorio dell’Ue e le loro prestazioni sono ancora insufficienti per fornire servizi 5G avanzati.

Nel 2023 l’adozione dell’IA, del cloud e dei big data da parte delle imprese europee è stata al di sotto dell’obiettivo prefissato (75%). Si prevede che entro il 2020 solo il 64% delle imprese utilizzerà il cloud, il 50% i big data e solo il 17% l’Intelligenza Artificiale.

L’evoluzione dei cittadini

Solo il 55,6% della popolazione dell’Unione europea possiede almeno competenze digitali di base. Si prevede che nel 2020 il numero di specialisti in Itc (Information and communication technology) nella Ue sarà di appena circa 12 milioni, con un persistente squilibrio di genere.

Italia in affanno

 Solo il 5% delle imprese utilizza l’Intelligenza Artificiale, cifra al di sotto della media Ue (8%) e con una crescita limitata. Inoltre, lo sviluppo delle imprese in Italia rimane difficile, a causa di un sistema economico generalmente debole e di investimenti limitati in capitale di rischio. Nel 2023 l’Italia ha contato solo 7 “unicorni” (meno del 3% di tutti gli unicorni nell’Ue).

A riguardo delle competenze digitali, poi, solo il 45,8% delle persone in Italia possiede almeno le competenze digitali di base, con divari tra tutte le fasce di età. Questo dato è ben al di sotto della media Ue del 55,6%.

Peraltro, la relazione della Commissione evidenzia alcuni possibili punti di forza. Il primo concerne la sanità elettronica: l’Italia registra risultati superiori alla media dell’Ue per quanto riguarda l’accesso alle cartelle cliniche elettroniche (82,7 su 100 rispetto a una media dell’Ue di 79,1 su 100), che sono state introdotte in tutte le regioni e hanno registrato notevoli progressi nel 2023 (+15,9%).

Anche, a proposito delle infrastrutture digitali, nonostante la copertura delle reti Fibre to the premises (FTTP) e Fixed very high-capacity networks (VHCN) sia inferiore alla media Ue (59,6%, contro una media Ue rispettivamente del 64% e del 78,8%), secondo la relazione, l’Italia continua a compiere buoni progressi in questi indicatori.

In ogni caso, per realizzare la trasformazione digitale ci vogliono soldi. Nella relazione si legge che l’Italia prevede di stanziare un bilancio totale (esclusi gli investimenti privati) stimato in oltre 32,5 miliardi di euro (1,6% del Pil).

La privacy resta un rebus

 Collegata alla relazione della Commissione è l’indagine statistica intitolata Eurobarometro “Decennio digitale 2024”.

Questo speciale Eurobarometro rivela che appena il 49% degli intervistati italiani ritiene che l’Ue tuteli bene i propri diritti digitali, con una diminuzione di 6 punti rispetto al 2023, e con una fiducia nella privacy digitale pari al 57%.

Il 45% degli intervistati esprime preoccupazione per la sicurezza degli ambienti digitali per i bambini e il 40% è preoccupato per il controllo dei dati personali. Questi risultati sottolineano la necessità di rafforzare la tutela dei diritti digitali a livello nazionale. Nonostante queste preoccupazioni, l’83% degli italiani riconosce l’importanza delle tecnologie digitali per accedere ai servizi pubblici e l’81% per connettersi con amici e familiari, evidenziando un forte apprezzamento per i progressi digitali.

Parlando di impatto delle tecnologie, in tutta la Ue, quasi tre quarti degli europei (73%) ritengono che la digitalizzazione dei servizi pubblici e privati quotidiani stia semplificando la loro vita e il 19% afferma addirittura che la digitalizzazione stia rendendo la loro vita “molto più facile”. Poco meno di un quarto (23%) afferma che la digitalizzazione dei servizi pubblici e privati quotidiani stia rendendo la loro vita più difficile, il 3% pensa che non abbia un impatto sulla vita quotidiana e il restante 1% non sa rispondere.

Alla domanda, poi, su quanto saranno importanti, entro il 2030, le tecnologie digitali rispetto ad alcuni profili della vita di tutti i giorni, più di otto intervistati su dieci (83%) affermano che saranno importanti per connettersi con persone, amici e familiari online e la stessa percentuale (83%) afferma che saranno importanti per accedere ai servizi pubblici online. Circa otto persone su dieci (79%) prevedono, poi, che l’accesso o la fruizione di servizi digitali sanitari sarà importante entro la fine del decennio.

Circa tre intervistati su quattro prevedono che, entro il 2030, le tecnologie digitali saranno importanti anche in altri ambiti, quali: utilizzo, acquisto e vendita di prodotti e servizi online (76%); accesso e utilizzo di servizi di trasporto (76%); accesso a opportunità di istruzione e formazione (75%); accesso, interazione e/o creazione di materiale/contenuti online (74%); partecipazione alla vita democratica (74%) e contributo alla lotta ai cambiamenti climatici (74%). Circa sette persone su dieci (69%) si aspettano che le tecnologie digitali siano sempre più importanti per lavorare da remoto.

Alla domanda sui miglioramenti attesi, finalizzati a facilitare il loro uso delle tecnologie digitali, otto intervistati su dieci (80%) si aspettano che la disponibilità e l’accessibilità economica della connessione Internet ad alta velocità possano facilitare in modo significativo il loro uso quotidiano. Una percentuale analoga lo afferma per il miglioramento della cybersicurezza, una più efficace protezione dei dati online e per la sicurezza delle tecnologie digitali (79%).

Quasi nove intervistati su dieci (88%) ritengono necessario, però, che le autorità pubbliche si impegnino a garantire che le persone ricevano un adeguato sostegno umano per accompagnare la trasformazione apportata dalle tecnologie e dai servizi digitali nella loro vita.

In media più di otto su dieci ritengono decisivo che le autorità pubbliche: aumentino la ricerca e l’innovazione per disporre di tecnologie digitali più sicure e solide (86%); costruiscano infrastrutture digitali efficienti e sicure, comprese le infrastrutture di connettività e di trattamento dei dati (84%); garantiscano che le imprese europee possano crescere e diventare leader europei in grado di competere a livello mondiale (82%); assicurino che le tecnologie digitali siano al servizio della transizione “verde” (81%).

Poco meno di otto persone su dieci (78%) ritengono importante che le autorità pubbliche si impegnino a bilanciare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e di altre tecnologie digitali con la protezione dei diritti e delle libertà individuali.

Agli intervistati è stato, infine, chiesto che cosa avesse il maggiore impatto su di loro, nel contesto dell’applicazione da parte dell’Ue della legislazione sulle piattaforme online.

Gli intervistati hanno messo in evidenza, quali pericoli maggiormente temibili, una serie di preoccupazioni, tra le quali l’uso improprio dei dati personali (46%) e le notizie false e la disinformazione (45%).

Più di un intervistato su cinque ha anche inserito tra i rischi maggiori le insufficienti tutele per i minori (33%), l’inaffidabilità dei venditori online (27%) e l’incitamento all’odio in rete (22%).

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