Divieto, per i giornalisti, di pubblicare il testo, o estratti, dell'ordinanza di custodia di persone arrestate. E' quanto prevede la norma approvta dall'ultimo Consiglio dei ministri, durante il quale il governo ha esercitato la delega inserita nella legge 21/2024 (di delegazione europea) in cui si prevede «il divieto di pubblicazione integrale o per estratto del testo dell’ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare». Il decreto legislativo approvato dal Cdm dovrà ora passare al vaglio delle commissioni parlamentari competent, anche se il parere delle stesse commissioni non è vincolante.
Il testo preciso dell'ordinanza diventa così di fatto segreto e la stampa non potrà pubblicarlo. La modifica dell'articolo 114 del codice di procedura penale, prevedendo il divieto di pubblicazione del testo delle ordinanze di custodia cautelare, era stata decisa già diversi mesi fa in Parlamento quando il senato approvò l'articolo 4 della legge di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva europea sulla presunzione di innocenza. A dare l'avvio all'iter fu un emendamento del deputato di Azione, Enrico Costa, durante il passaggio alla Camera. «Le ordinanze di custodia cautelare contengono solo le accuse; la voce della difesa non c’è, perché la difesa al limite ricorrerà quando saranno già su tutti i giornali", ha spegato Costa. "È evidente che una persona schiacciata da un simile “peso” reso pubblico con centinaia di pagine di motivazioni, quand’anche ottenesse, dopo settimane, l’annullamento dal riesame, o, dopo mesi, l’archiviazione non riuscirebbe a capovolgere il racconto. Peggio ancora se arrivasse un’assoluzione dopo anni».
Si torna indietro dunque rispetto a quanto stabilito dalla riforma del 2017 dell'allora ministro Andrea Orlando, secondo cui le ordinanze sono pubblicabili senza limiti. Finora le ordinanze di custodia cautelare erano pubblicabili sui giornali e online, integralmente o per brani, senza alcun limite. Con le nuove regole, invece, si potrà riferire il per riassunto contenuto dell’atto giudiziario, quindi dare la notizia, scrivere il nome del destinatario della misura restrittiva e le ragioni che hanno portato alla sua emissione, ma senza poter pubblicare i virgolettati del provvedimento. Soltanto il capo d’imputazione potrà essere riportato per esteso.
Per gli avvocati penalisti e per il ministro della Giustizia Carlo Nordio, per il centrodestra e per i liberaldemocratici di opposizione è un paletto a garanzia della presunzione d’innocenza sancita dalla Costituzione.
Dure critiche dal mondo dell'informazione: legge bavaglio
Il decreto legislativo viene stigmatizzato dagli organismi di rappresentanza dei giornalisti. Per la Fnsi, sindacato dei giornalisti è una «norma bavaglio» che comprime la libertà di stampa e rende più difficile la diffusione di notizie giudiziarie riguardanti gli indagati “illustri”. Secondo il presidente della Federazione nazionale della stampa, Vittorio Di Trapani: «Questo governo continua a smantellare l’articolo 21 della Costituzione. Mentre tiene in ostaggio la Rai perché impantanato nella guerra per spartirsi le poltrone, mentre ottiene 15 minuti in prima serata per l’intervista auto-assolutoria di un ministro ex dirigente Rai, il governo trova il tempo di imporre un nuovo bavaglio alla stampa e ai cittadini, che saranno meno informati». Secondo Di Trapani, si tratta di «un ritorno al passato che nulla ha a che vedere con il garantismo. In realtà il divieto di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare è un piacere ai potenti che vogliono l’oscurità e ai colletti bianchi».
Secondo l'UsigRai, il sindacato dei giornalisti Rai, dopo che il decreto diventerà legge, di un arrestato si potrà pubblicare letteralmente solo il reato ipotizzato ma non le prove raccolte. Per paradosso il giornalista per raccontare i motivi di una carcerazione potrà usare tutte le parole tranne quelle che il giudice ha usato nel suo atto di accusa - si legge ancora -. La conseguenza sarà un'informazione più opaca, parziale, e meno oggettiva. Un atto che lede il ruolo di garanzia che la libera stampa riveste a tutela di tutti i cittadini, specialmente di quelli privati della libertà.