Fiere di Parma apre all’outdoor
Fiere di Parma apre all’outdoor
Il polo guidato dall’a.d. Cellie scommette su nuovi settori. Investimenti totali fino a 20 milioni di euro. Oltre i camper si guarda alla mobilità green. E alla musica

di di Marco A. Capisani 14/09/2024 02:00

Fiere di Parma si apre a tutto il settore outdoor, scommettendo sulle attività del tempo libero che non solo rappresentano un business tricolore in salute ma soprattutto sono una diretta espansione del già presidiato mondo dei viaggiatori en plein air grazie al Salone del Camper. Kermesse che inaugura proprio oggi alla presenza del ministro del turismo Daniela Santanchè e rimarrà in calendario fino al 22 settembre. Il piano di espansione di Fiere di Parma punta a coprire coi nuovi eventi anche comparti come quello del bike e della mobilità sostenibile ma conta anche di crescere nell’agro-alimentare sia con spin-off sia con nuove esposizioni, senza trascurare l’evoluzione dei suoi storici appuntamenti. Così in scaletta, nel comparto food tech, compaiono eventi come Cibus Lab, atteso nell’ottobre del 2025, e il debutto nel food di Origo dedicato a prodotti Dop o Igp mentre la mostra-evento di antiquariato Gotha conoscerà un nuovo corso di espansione come spin-off, sempre nell’arte, di Mercanteinfiera che registra positivi riscontri di pubblico.

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L’aggiornamento del piano industriale 

Tutte iniziative che verranno sostenute dall’aggiornamento del piano industriale su cui sta lavorando il cda di Fiere di Parma (che ha, oltre a Comune, Provincia e Regione, come primi soci privati Crédit Agricole Italia al 26,42% e Fiera Milano al 18,5%,): dalla forchetta iniziale 12-15 milioni di euro, infatti, gli investimenti per la crescita del prossimo quinquennio sono attesi in crescita nell’intervallo di 17-20 milioni nel quadro più ampio di «stime di chiusura 2024 che prevedono il consolidamento del fatturato sui 40 milioni di euro e un ebitda di circa 12 milioni, al rialzo del 20% sui risultati 2022 e sul budget aziendale», dichiara a ItaliaOggi Antonio Cellie, a.d. di Fiere di Parma, ricordando che il confronto 2024 rispetto al 2022 permette un’analisi a perimetro costante visto la cadenza biennale di molte fiere importanti in portafoglio.

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Nelle intenzioni di Cellie, poi, «il 2025 sarà l’anno del nostro consolidamento, scommettendo sulla prima edizione di Tuttofood organizzata a Milano in partnership con la fiera tedesca Anuga. Grazie a questo tandem Tuttofood, che ambisce a diventare la seconda fiera europea del food per importanza, si allea con l’omologa al primo posto Ue», sempre secondo Cellie. Il 2026, invece, sarà la volta di CibusTec che si sta imponendo sulla scena globale.

La diversificazione di Parma

La diversificazione del business di Fiere di Parma si completa con lo sbarco negli eventi dedicati al grande pubblico. «Come altri poli fieristici, progettiamo appuntamenti in-house, spaziando da quelli sportivi che possono essere di richiamo per i giovani fino alla musica», aggiunge l’a.d. in carica dal novembre 2009. «Troviamo interessante il filone della musica elettronica, che sta conoscendo una significativa generazione di nuove artiste».

Il rinnovo delle infrastrutture


Un polo fieristico, tuttavia, non può esimersi dal rinnovo costante delle sue infrastrutture, motivo per cui Parma mette sul tavolo circa 20 milioni di euro in 5 anni per aumentare la superficie espositiva coperta fino ai 150 mila metri quadrati, migliorare la viabilità di accesso alla fiera e per creare nuovi parcheggi. Tutto contornato e inframmezzato da un’ampia superficie green con annessi due laghetti e tre oasi.

Estero? Non al momento


Ma Fiere di Parma non pianifica uno sviluppo all’estero come altri concorrenti? «Al momento no», risponde Cellie. «Sono convinto che, prima, occorra crescere e rafforzarsi sul proprio mercato nazionale, nelle nostre filiere di competenza. Se possibile a Parma, nel nostro quartiere. Solo dopo e solo con manifestazioni leader e possibilmente con alleanze internazionali, ha senso varcare i confini. Altrimenti, si rischia di drenare risorse finanziarie e di indebolire i propri eventi core».


In parallelo, infine, il settore delle fiere italiane prosegue nella sua specializzazione, differenziando i singoli poli l’uno dall’altro. Tra gli altri, per esempio, Milano presidia moda, arredo, ospitalità e meccanica; Verona si concentra su vino, Vicenza sui gioielli oppure Bologna su cosmetica e auto. Ma esiste una promozione congiunta made in Italy? «A dispetto di quanto si pensi, sì», conclude Cellie. «Sia in sede associativa tramite Aefi sia grazie alle politiche di Ice e del governo. La conferma è che le fiere italiane riescono, ognuna nei suoi ambiti, ad attrarre i buyer più qualificati e interessanti come si evince dalle straordinarie performance del nostro export anche in periodi complessi come quello attuale».
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