Comprare una casa green, cioè ad alta efficienza energetica, costa il 25% in più. E sul territorio nazionale ce ne sono anche poche: nel 2022 solo il 10% degli immobili in offerta online era classificato con classe da A1 ad A4, contro il 65% appartenenti alle classi F o G. Inoltre, in Italia rispetto agli altri paesi dell'Unione europea, gli immobili residenziali sono più inquinanti: il 12,5% contro una media del 9%. Lo rileva uno studio pubblicato dalla Banca d'Italia “The capitalization of Energy Labels into House Price. Evidence from Italy” (L'impatto della classe energetica sui prezzi delle case), che ha utilizzato un vasto set di dati provenienti da Immobiliare.it, uno tra i principali portali per la vendita. Gli immobili appartenenti alle prime quattro classi energetiche meno inquinanti, si rileva, sono più cari rispetto alle abitazioni classificate in classe G, la meno efficiente dal punto di vista energetico. Ma questa differenza di prezzo varia notevolmente tra le province, a causa delle diverse condizioni climatiche e delle normative regionali sull'efficienza energetica degli edifici. Gli edifici residenziali rappresentano il 12,5% delle emissioni di gas serra in Italia secondo i dati Ispra. Nell'Unione europea, invece, secondo la Commissione europea, gli edifici residenziali contribuiscono al 9% delle emissioni totali di gas serra. Circa il 75% del patrimonio abitativo esistente in Italia è stato costruito prima del 1980, mentre circa il 30% degli edifici residenziali è stato costruito tra il 1946 e il 1970, quando la qualità delle costruzioni era scarsa a causa della necessità di ricostruire rapidamente il patrimonio di case distrutte durante la Seconda Guerra Mondiale e per accogliere il pesante flusso migratorio dalle zone rurali verso le città.
Questa situazione, indica la ricerca, rappresenta una sfida significativa per la decarbonizzazione dei consumi energetici delle famiglie ed è anche una questione sociale delicata. Per affrontare questo problema, il governo italiano eroga da diversi anni sussidi per migliorare l'impronta carbonica ed energetica delle abitazioni (per citare i più noti ecobonus e superbonus 110%). Tuttavia, una domanda fondamentale senza risposta è quanto dell'efficienza energetica venga riflessa nei prezzi delle case. Questa domanda è cruciale per diversi motivi. In primo luogo, secondo un modello di valutazione degli asset, dopo un investimento in efficienza energetica, il prezzo di un'abitazione potrà aumentare a causa delle minori spese energetiche future. Pertanto, i prezzi delle case potranno rivelare i benefici futuri degli investimenti in efficienza energetica. In secondo luogo, comprendere il beneficio privato degli investimenti in efficienza energetica è essenziale per progettare politiche pubbliche ottimali per incentivare la modernizzazione del patrimonio immobiliare. In terzo luogo, le abitazioni costituiscono la componente più importante della ricchezza familiare e una fonte primaria di garanzie per una vasta gamma di prestiti bancari. Pertanto, valutare l'impatto dell'efficienza energetica sui prezzi del mercato immobiliare ha implicazioni significative per la stabilità finanziaria.
L'analisi presenta alcune limitazioni dovute alla mancanza di alcuni dati chiave. Il problema principale è che è possibile sfruttare solo le classi energetiche, che non sono comparabili tra le diverse località. L'Attestato di prestazione energetica (Ape) fornisce informazioni cruciali riguardanti l'efficienza energetica degli edifici, costituite da due componenti principali: (i) l'indice di prestazione energetica complessiva non rinnovabile (Epgl), e (ii) la classe energetica. Tuttavia, le informazioni sull'indice di prestazione energetica delle abitazioni non sono disponibili al pubblico. Di conseguenza, è stato possibile calcolare solo il differenziale di prezzo attribuibile alle classi energetiche. Conoscere l'indice di prestazione energetica consentirebbe di interpretare meglio i differenziali di prezzo che si osservano tra province. Per esempio, le differenze che si osservano tra le zone climatiche più calde e quelle più fredde possono essere dovute a diversi livelli di prestazione energetica. Infatti, il rendimento energetico è un'esigenza più urgente nelle zone più fredde e può quindi accadere che nelle zone calde il consumo energetico teorico sia basso anche se il grado di isolamento termico delle case è inferiore. Inoltre, i dati aggregati degli Attestati di prestazione energetica provenienti dal Sistema informativo sugli attestati di prestazione energetica (Siape) mostrano comunque una differenza significativa tra la classe peggiore (G) e la migliore (A1) nelle regioni più fredde rispetto a quelle più calde. Ciò suggerisce che, assumendo costi di adeguamento simili per lo stesso tipo di investimento, ottenere una classe energetica A in zone più calde potrebbe richiedere un investimento inferiore, spiegando così il premio relativamente più basso per le abitazioni con classi energetiche superiori. Tuttavia, esistono anche altre spiegazioni possibili per la variabilità dell'impatto sui prezzi causati dalla classe energetica, come le differenze nelle preferenze delle famiglie per l'efficienza energetica, influenzate dal grado di sensibilità al cambiamento climatico che varia notevolmente tra le province italiane. In particolare, il Centro e il Nord Italia, dove l'attenzione al cambiamento climatico è più elevata, mostrano anche i valori superiori per le classi energetiche più elevate.
Guardando al futuro, la priorità è quella di raccogliere dati sull'indice di prestazione energetica per comprendere meglio come il mercato immobiliare incorpora l'efficienza energetica nei prezzi e il ruolo delle preferenze delle famiglie. Tali informazioni sono preziose anche per la progettazione di programmi di incentivazione per la riqualificazione delle abitazioni o nel contesto del dibattito sulle implicazioni delle nuova Energy performance of buildings directive (Epbd) che potrà penalizzare le case poco efficienti dal punto di vista energetico. Inoltre, l'eterogeneità nell'aumento di prezzo per le case più efficienti dal punto di vista energetico suggerisce che politiche uniformi a livello nazionale possono non essere la soluzione migliore. Sussidi differenziati su base regionale o provinciale, considerando le diverse condizioni climatiche e i costi di intervento, potranno essere più efficaci.
Il panorama legislativo. L'Italia ha introdotto una disciplina nazionale sull'efficienza energetica degli edifici dal 2005, attraverso il recepimento della Direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia (Epbd) del 2002. Tuttavia, nel corso degli anni 2000, la legislazione nazionale ha fornito solo un quadro generale, concedendo alle autorità regionali un'ampia autonomia nell'attuazione della direttiva europea. Ciò ha portato a una notevole eterogeneità nell'implementazione del sistema di certificazione della prestazione energetica tra le diverse regioni. Dal 2011, era necessario cominciare l'Attestato di certificazione energetica (Ace) da parte del venditore/proprietario all'acquirente/affittuario. Nel 2012 è diventato obbligatorio allegare l'Ace al contratto di compravendita o di locazione così come l'inclusione negli annunci immobiliari. Con l'adozione della "Epbd recast" nel 2010, l'Italia ha apportato modifiche sostanziali al quadro generale dell'Ace, passando all'Attestato di prestazione energetica (Ape). Nel 2015, con il decreto interministeriale “requisiti minimi” sono stati stabiliti i requisiti minimi a livello nazionale per la classificazione dell'Ape. Tuttavia, nonostante, con importanti differenze regionali.
Il quadro normativo attuale implica che due case potrebbero avere standard di efficienza diversi, anche se etichettate nella stessa categoria. Ciò è dovuto a due principali fattori. In primo luogo, la stima della prestazione energetica e dei parametri dell'edificio di riferimento dipende dalla zona climatica in cui si trova l'immobile. In Italia, i comuni sono classificati in sei zone climatiche da A (più calda) a F (più fredda) in base ai gradi giorno di riscaldamento. Questi gradi giorno indicano le temperature sperimentate in un'area specifica. In secondo luogo, l'eterogeneità delle etichette energetiche deriva dalle legislazioni regionali. Mentre il decreto “requisiti minimi” stabilisce i requisiti minimi a livello nazionale, le regioni possono implementare standard più stringenti autonomamente. Per esempio, alcune regioni come la Lombardia hanno introdotto parametri più rigorosi, mentre altre hanno adottato tali standard solo successivamente.