Salario minimo per sentenza
Salario minimo per sentenza
Stop al lavoro povero: il salario minimo costituzionale è fissato dal giudice, che deve fare riferimento anzitutto agli importi previsti dal contratto collettivo nazionale di categoria. Ma può anche discostarsene quando la paga non può ritenersi sufficiente

di di Dario Ferrara 03/10/2023 07:31

Stop al lavoro povero: il salario minimo costituzionale è fissato dal giudice. Per verificare se la retribuzione del lavoratore è proporzionale all'attività svolta, il magistrato deve fare riferimento anzitutto agli importi previsti dal contratto collettivo nazionale di categoria. Ma può anche discostarsene quando la paga non può ritenersi sufficiente in base al principio ex articolo 36 della Costituzione. Ciò anche quando il rinvio al Ccnl applicabile al caso concreto risulta previsto da una legge, di cui il giudice è tenuto a fornire un'interpretazione costituzionalmente orientata. E come parametro può servirsi del trattamento retributivo stabilito in altri contratti collettivi di settori affini o per mansioni analoghe. Oppure, grazie ai poteri conferitigli dall'articolo 2099, secondo comma, del codice civile, fare riferimento a indicatori economici o dati statistici, come consiglia la direttiva Ue 2022/2041 del 19 ottobre 2022. Così la Cassazione nella sentenza 27711/23, pubblicata il 2 ottobre dalla sezione lavoro.

Valutazione di conformità. Accolto il ricorso proposto dal dipendente della cooperativa attiva nel settore dei servizi fiduciari. Sbaglia la Corte d'appello a riformare la decisione del primo giudice, che condanna la società a pagare circa 2.500 euro di differenze retributive, ritenendo inadeguato il trattamento previsto dal contratto collettivo sulla vigilanza privata. Il tutto sul rilievo che il Ccnl vigilanza privata è quello del settore in cui opera la cooperativa e risulta stipulato dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, il che escluderebbe la valutazione di conformità da parte del giudice. Il lavoratore deduce che, da un cambio di appalto all'altro con Ccnl sempre diversi e peggiorativi firmati dai sindacati più rappresentativi, ha visto ridursi sempre più la retribuzione a parità di lavoro: produce le buste paga e le tabelle salariali, richiamando «il valore soglia di povertà». E in base all'articolo 36 della Costituzione il giudice deve valutare se la retribuzione sia «proporzionata», cioè congrua rispetto all'attività prestata, e «sufficiente», dunque non inferiore agli standard minimi di vita. E se il livello Istat di povertà non è un parametro diretto, può aiutare a individuare una soglia minima invalicabile.

Convergenza verso l'alto. Il giudice nazionale deve tenere conto della direttiva Ue 2022/2041, il cui primo obiettivo è la «convergenza sociale verso l'alto dei salari minimi», che vanno «adeguati» per assicurare «condizioni di vita dignitose». È vero: il giudice del merito deve avvicinarsi «con grande prudenza» alla contrattazione collettiva perché le parti sociali hanno una «naturale attitudine» a gestire la materia salariale. Ma c'è un limite oltre il quale nessun contratto collettivo può scendere: non può tradursi in dumping salariale, specie se sottoscritto da soggetti poco o nulla rappresentativi. E dunque sottoporre la determinazione del salario al meccanismo della concorrenza invece che contrastare la competizione al ribasso. Non esiste, d'altronde, una riserva normativa o contrattuale a favore della contrattazione collettiva per la determinazione della retribuzione: lo ha spiegato la Consulta nella sentenza 106/62 che estendeva i minimi contrattuali erga omnes per legge. Anche i salari dettati dalla contrattazione collettiva applicabile alle cooperative, secondo le leggi 142/01 e 31/2008, possono essere disapplicati dal giudice e il trattamento retributivo annullato e sostituito con uno più congruo: una legge sul «salario legale» nel settore non può realizzarsi attraverso un rinvio in bianco alla contrattazione collettiva.

Il testo della decisione su www.italiaoggi.it/documenti-italiaoggi