Tenda parasole in condominio senza autorizzazione
Tenda parasole in condominio senza autorizzazione
Le cosiddette pergotende vengono indicate come attività di edilizia libera. Ossia l’intervento non può essere considerato una nuova costruzione. Ricognizione giurisprudenziale sulle opere per cui è o non è richiesta la Scia 2

di Pagine a cura di Dario Ferrara 16/09/2019 08:38

Tenda parasole senza autorizzazione grazie al decreto Scia 2. Stiamo parlando di pergotende, ossia la struttura di copertura che si distingue dalle tettoie in quanto l'opera principale è costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, con la conseguenza che deve qualificarsi in termini di elemento accessorio, necessario al sostegno e all'estensione della tenda. In tal caso, l'opera viene indicata come attività di edilizia libera nel glossario ad hoc pubblicato dopo la liberalizzazione introdotta dal decreto legislativo 222/16: l'intervento non può essere considerato una nuova costruzione laddove l'opera principale è la superficie in materiale plastico che serve a proteggere l'immobile dagli agenti atmosferici, mentre l'intelaiatura in alluminio anodizzato costituisce un mero accessorio. È quanto emerge dalla sentenza 1125/19, pubblicata dalla seconda sezione della sede di Salerno del Tar Campania, che ha accolto il ricorso proposto dal proprietario dell'abitazione in costiera amalfitana. È vero: la pergotenda non soddisfa esigenze precarie, ma la necessità del titolo edilizio va esclusa per le caratteristiche di costruzione e la funzione che svolge. E ciò perché non realizza una copertura e una chiusura perimetrale fissa, stabile e permanente: la tenda è retrattile, dunque manca uno spazio stabilmente chiuso che crea nuovo volume o superficie. L'intelaiatura, dal canto suo, rappresenta soltanto un sostegno alla struttura che consente una migliore fruizione dello spazio esterno. Insomma, va esclusa la configurabilità di un nuovo organismo edilizio, anche se per ipotesi la tenda restasse sempre chiusa: l'integrazione alla struttura portante non comporta una trasformazione edilizia e urbanistica del territorio. Sbaglia, dunque, il comune che non riconosce la conformità urbanistica e edilizia dell'opera, che non richiede un'autorizzazione espressa per l'installazione. Ma cosa dire in merito all'area vincolata in cui si trova l'immobile? È escluso che l'opera risulti illegittima anche da questo punto di vista: pesa l'articolo 17, secondo comma, del dpr 31/2017, secondo cui non si può disporre la rimessione in pristino di interventi realizzati prima dell'entrata in vigore del regolamento, avvenuta il 6 aprile 2017, che non sono soggetti ad altro titolo rispetto all'autorizzazione paesaggistica. È irrilevante poi che la tenda sia eventualmente installata in un immobile dove sussistono varie violazioni edilizie: anzitutto l'amministrazione non lo dimostra, ma comunque la circostanza non potrebbe trasformare in attività che presuppongono un'autorizzazione opere che per consistenza e dimensioni non la richiedono.

La tesi che privilegia l'edilizia libera trova autorevole conferma anche nella sentenza 2206/19 del Consiglio di stato. Il caso trattava di un comune che aveva ordinato la demolizione della pergotenda installata sul terrazzo perché la struttura modificava in modo sensibile la struttura del fabbricato. Le pareti laterali, tuttavia, erano amovibili: per rimuoverle bastava sbullonare. Ma secondo gli accertamenti condotti dall'amministrazione la struttura era destinata a rimanere sempre in opera: non si potrebbe quindi considerare un manufatto precario. In realtà il sostegno in alluminio anodizzato serviva all'estensione della tenda, per garantire una migliore fruizione dello spazio esterno all'appartamento con semplice materiale plastico retrattile.

La svolta, insomma, è arrivata con il decreto del 2 marzo 2018 con cui il ministero delle infrastrutture ha approvato il glossario delle opere consentite in regime di attività libera. Il catalogo è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 81/2018 ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 222/16 e comprende ben cinquantotto interventi che possono essere realizzati senza comunicazione al comune e progetto tecnico, ma osservando comunque i regolamenti urbanistici e le altre normative. Il tutto dalla manutenzione ordinaria al risparmio energetico, dalla sicurezza alla rimozione delle barriere architettoniche. La deregulation è estesa agli arredi da giardino non ancorati stabilmente a terra: gazebo, barbecue in muratura, ripostigli, stalli per bici, spazi di gioco per bambini, cucce, voliere. E dunque anche a tende, pergotende e altre leggere coperture di arredo.

Già prima della liberalizzazione, tuttavia, la sentenza 2110/17, pubblicata dal Tar Lombardia, incrinava il fronte della fermezza ritenendo superfluo il permesso di costruire per la tenda parasole che è metà pergolato e metà rivestimento: la struttura aperta sui lati non crea nuovi volumi ma consente al ristorante di sfruttare appieno il cortile, grazie al telo scorrevole in pvc che ripara i clienti dal sole e dagli agenti atmosferici. La seconda sezione ha accolto il ricorso del titolare dell'osteria contro il provvedimento del comune che stoppa il progetto. La pergotenda va considerata un mero elemento di arredo nella pertinenza del locale pubblico: i sostegni sono elementi leggeri in legno dalla sezione esigua, la copertura retrattile si apre e chiude col telecomando; insomma, non si tratta di un'opera che impone il titolo edilizio perché non comporta alcuna modifica permanente dello stato dei luoghi né una trasformazione del territorio: risulta dunque compatibile con gli strumenti urbanistici. Il tutto, però, se la pergotenda conserva la funzione servente rispetto all'immobile principale e il cortile resta non edificato e non coperto. Il discorso cambia se il ristoratore tenta di chiudere la struttura con pannelli trasparenti avvolgibili per utilizzarla anche d'inverno.

In precedenza il Tar Salerno, con la sentenza 1170/17, aveva promosso la tenda parasole anche se si era rivelata non conforme alla delibera condominiale per le strutture aggettanti sulla facciata dell'edificio. La violazione delle prescrizioni adottate dall'assemblea, ha spiegato infatti la prima sezione, è una questione privatistica che non può trasfigurare la consistenza dell'intervento rendendo necessario il titolo edilizio più gravoso. La non conformità dell'opera alla delibera dell'ente di gestione non risulta una questione tale da assumere una rilevanza qualificata nel procedimento di rilascio del titolo edilizio. Permesso di costruire superfluo perché il sostegno in alluminio anodizzato costituisce soltanto un accesso necessario.

Già in epoca precedente alla svolta, tuttavia, esiste una giurisprudenza che esclude la necessità del titolo edilizio per la tenda, escludendo l'abuso: la struttura avvolgibile costituisce infatti una pertinenza di utilità. Non è il comune che può far rimuovere, via ordinanza, l'accessorio che il proprietario dell'immobile ha montato a servizio della sua unità immobiliare. Così aveva stabilito il Tar Lombardia, prima sezione della sede distaccata di Brescia, con la sentenza 468/13, secondo cui l'amministrazione della città deve pagare le spese di giudizio al cittadino.

Il discorso cambia se la struttura in origine amovibile diventa qualcos'altro. Non c'è scampo, per esempio, per il ristorante che trasforma l'originaria tenda parasole in una struttura in pvc che somiglia sempre più a un dehors non autorizzato: la sostituzione della struttura preesistente, installata su pali infissi stabilmente al terreno, costituisce un intervento di manutenzione straordinaria e per farlo serve il titolo edilizio. Lo ha precisato la sentenza 2960/14, pubblicata dalla sezione prima quater del Tar Lazio.

Ha un bel dire la società che gestisce il locale pubblico con affaccio nel cortile condominiale: le opere in contestazione non altererebbero i prospetti dell'edificio, né creerebbero nuovi volumi essendo destinate a delimitare e abbellire la corte di proprietà, tanto che la tenda e le protezioni in pvc sono rimosse per tutto il periodo invernale e quando le condizioni climatiche lo consentono l'area è sempre liberamente transitabile. In realtà nell'intervento di manutenzione straordinaria realizzato dal ristoratore assume decisiva prevalenza il momento trasformativo innovativo rispetto a quello conservativo: serviva il preventivo rilascio del prescritto titolo abilitativo che nella specie non c'è stato. Al gestore del ristorante non resta dunque che abbattere il manufatto.

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