Illegittima l'applicazione retroattiva della legge Spazzacorrotti. La Corte costituzionale ha esaminato ieri in camera di consiglio le censure sollevate da numerosi giudici di merito (tra gli altri il Tribunale di Brindisi, il Tribunale di sorveglianza di Potenza e il Tribunale di sorveglianza di Salerno) sulla retroattività della legge 9 gennaio 2019 n. 3 (cosiddetta Spazzacorrotti), che ha esteso ai reati contro la pubblica amministrazione le preclusioni previste dall'articolo 4 bis dell'Ordinamento penitenziario (legge n.354/1975) rispetto alla concessione dei benefici e delle misure alternative alla detenzione. I giudici rimettenti hanno denunciato la mancanza di una disciplina transitoria che impedisca l'applicazione delle nuove norme ai condannati per un reato commesso prima dell'entrata in vigore della legge n. 3/2019. La Corte costituzionale ha preso atto che, secondo la costante interpretazione giurisprudenziale, le modifiche peggiorative della disciplina sulle misure alternative alla detenzione vengono applicate retroattivamente, e questo principio è stato sinora seguito dalla giurisprudenza anche con riferimento alla legge n.3 del 2019. Tuttavia la Corte ha affermato che questa interpretazione è costituzionalmente illegittima con riferimento alle misure alternative alla detenzione, alla liberazione condizionale e al divieto di sospensione dell'ordine di carcerazione successivo alla sentenza di condanna. La legge Spazzacorrotti ha infatti inserito una lunga lista di reati contro la pubblica amministrazione (peculato, concussione, corruzione per l'esercizio della funzione, corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio, corruzione in atti giudiziari, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione di persona incaricata di compiere un pubblico servizio, istigazione alla corruzione, nonché i reati di peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione compiuti da membri delle Corti internazionali o degli organi delle Comunità europee o di assemblee parlamentari internazionali o di organizzazioni internazionali e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri) tra quelli per i quali l'art. 4 bis della legge sull'Ordinamento penitenziario prevede che l'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione (esclusa la liberazione anticipata) possano essere concessi ai detenuti solo se collaborino con la giustizia. Secondo la Corte l'applicazione retroattiva di una disciplina che comporta una radicale trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale, rispetto a quella prevista al momento del reato, è incompatibile con il principio di legalità delle pene, sancito dall'articolo 25, secondo comma, della Costituzione.
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