Ordini fuori dal Piao
Ordini fuori dal Piao
L’Anac, Autorità nazionale anticorruzione, chiarisce una volta per tutte: gli ordini professionali non sono tenuti a redigere il Piao, il piano integrato di attività e organizzazione delle pubbliche amministrazioni

di di Dario Ferrara 25/11/2022 07:46

Meno burocrazia per le libere professioni. L'Anac, Autorità nazionale anticorruzione, chiarisce una volta per tutte: gli ordini professionali non sono tenuti a redigere il Piao, il piano integrato di attività e organizzazione delle pubbliche amministrazioni introdotto dall'articolo 6 del decreto legge 80/2021, il decreto reclutamento per l'attuazione del Pnrr. Il Piao deve essere adottato entro il 31 gennaio di ogni anno dagli enti pubblici che danno lavoro a più di cinquanta dipendenti, escluse scuole di ogni ordine e grado e istituzioni educative: il piano dura tre anni ma va aggiornato ogni dodici mesi su una serie di elementi, come gli obiettivi strategici, la gestione del personale, la tecnologia e le pari opportunità. Gli organismi professionali, tuttavia, sono esentati dall'obbligo nonostante i consueti dubbi di applicazione che sorgono quando è richiamato l'articolo 1, secondo comma, del testo unico del pubblico impiego. Lo rende noto il Consiglio nazionale forense dopo che l'Autorità nazionale anticorruzione ha dato riscontro al quesito posto dal consiglio dell'ordine degli avvocati di Novara; un'indicazione, scrive il Cnf nella comunicazione indirizzata ai consigli territoriali, che va «nella stessa direzione» della sentenza 14283/22 con cui il Tar Lazio ha escluso gli ordini professionali dagli obblighi sulla spending review del personale, annullando sul punto la circolare ministero dell'economia e delle finanze: il Consiglio nazionale invia ai Coa anche il provvedimento dei giudici capitolini (si veda Italia Oggi dell'11 novembre 2022).

Norma mancante. Gli ordini, dunque, non devono ritoccare ogni anno nell'ambito del Piao gli obiettivi programmatici della performance, le strategie per valorizzare il capitale umano, l'elenco delle procedure da semplificare e reingegnerizzare, le iniziative per garantire l'accesso ad anziani e disabili. E ciò per le stesse ragioni per cui il Tar Lazio li ha esentati dall'inviare al Mef i dati su consistenza e spese per il personale, annullando sul punto la circolare del 2019: gli Ordini sono sì enti pubblici, che tuttavia si finanziano da soli con le quote associative. L'esonero dalla redazione del piano è riconosciuto dall'Anac «ove non ricorra una qualificazione normativa che consenta di ricondurli all'elenco di cui all'articolo 1, secondo comma, del decreto legislativo 165/2001». E l'assenza di «una qualificazione legislativa che consenta di ricondurli» alla norma del testo unico del pubblico impiego emerge del piano nazionale anticorruzione 2022-24.

Principio di legalità. L'interpretazione offerta dall'authority, sottolinea il Consiglio nazionale forense, è in linea con la più recente giurisprudenza amministrativa: «presenta passaggi assai significativi sul piano sistemico» la sentenza del Tar Lazio che impedisce una volta per tutte alla Ragioneria dello Stato di chiedere i costi del personale agli ordini professionali. E ciò perché sono fuori dal «circuito della finanza pubblica», non risultando soggetti al controllo di gestione della Corte dei conti né alla normativa sulla contabilità dello Stato. Soltanto la legge e non l'amministrazione con suoi atti, quindi, può imporre eventuali obblighi agli organismi dei professionisti, pena la violazione del principio di legalità.

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