La festa della Tav rovinata dai litigi di M5s e Pd
La festa della Tav rovinata dai litigi di M5s e Pd
Il 19 settembre cerimonia per i primi dieci chilometri del tunnel, ma ci sarà bagarre, coi No Tav mobilitati contro la grande opera e i Si Tav che taglieranno il nastro tricolore di questo primo step. I grillini locali saranno sulle barricate, i piddini ad applaudire nel cantiere.

di di Carlo Valentini Twitter: @cavalent 14/09/2019 00:14

Lo psicodramma grillino si recita a Torino, città guidata dai 5stelle contrari alla Tav ma a Roma al governo col Pd che la vuole realizzare. Così il sindaco, Chiara Appendino, si trova in un bel guazzabuglio tra i No Tav duri-e-puri che annunciano di fregarsene degli accordi di governo e che cercheranno di bloccare i cantieri agitando ancora le bandiere pentastellate, i 5stelle governativi che hanno immolato la Tav sull'altare dell'accordo col Pd e vengono bollati come traditori e non si fanno più vedere in giro da queste parti (tanto che la festa M5s già annunciata è stata disdetta per timore delle contestazioni), e infine gli alleati piddini che rivendicano la vittoria e sono pronti a festeggiare le ruspe che avanzano. Si annunciano giorni difficili perché il caos torinese investirà comunque il governo. Già il 19 settembre ci sarà bagarre, coi No Tav mobilitati e i Si Tav che taglieranno il nastro tricolore di questo primo step. I grillini locali saranno sulle barricate, i piddini ad applaudire nel cantiere: non male tra alleati e i richiami alla lealtà da parte di Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio.

A dar fuoco alle polveri è Paolo Foietta, il commissario straordinario per la Torino-Lione nominato nel 2015 dal governo Renzi e dimissionato dal ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli. Adesso che Toninelli è stato messo dietro la lavagna si toglie qualche sassolino dalla scarpa e dà appuntamento proprio al 19 settembre, in pratica uno schiaffo all'ex ministro e ai 5stelle. Dice: «Il 19 settembre sarò al cantiere Tav, in occasione della conclusione dei primi dieci chilometri del tunnel di base, cioè quel tunnel che secondo i 5stelle non esisteva. Spero che il gioco dell'oca su quest'opera sia finito, a questo punto non si possono rimettere in discussione decisioni prese da ex governi e parlamento. E basta con le bugie. Con la Tav si affronta seriamente il tema della transizione ecologica perché da un lato si tutela l'ambiente e dall'altro si asseconda la voglia e l'esigenza di viaggiare delle nuove generazioni. La lotta per salvaguardare l'ambiente non può significare l'impossibilità di muoversi. Perfino i No Tav più intelligenti ormai lo hanno capito». Quindi, festa per i primi 10 chilometri del tunnel e avanti tutta. «Nemmeno per sogno», ribatte Francesca Frediani, che è capogruppo M5s alla Regione Piemonte. «La Tav si deve fermare perché è un'opera che non conviene. Punto. La scelta di fermarla non dev'essere legata alla forza numerica delle parti ma all'esito dell'analisi costi benefici». Poi se la prende coi suoi colleghi di movimento ritenuti troppo arrendevoli: «Il Pd ha da subito iniziato ad esternare sulla Tav mentre nel M5s si evita accuratamente il tema. Davvero pensiamo che la questione sia chiusa dopo che il presidente del consiglio si è impegnato ad illustrare le motivazioni pro Tav basate sul nulla? Dove sono i portavoce che in questi anni sono venuti in valle a manifestare la loro contrarietà all'opera?».

In particolare lei ha il dente avvelenato contro Laura Castelli, riconfermata vice ministro all'Economia, che ha dichiarato: «La Tav non è più in discussione perché non si può fermare». E per lei gli irriducibili grillini sarebbero una sorta di giapponesi ancora inutilmente in guerra. La capogruppo regionale ribatte: «Non sarà certo la Castelli a scrivere la parola fine sulla storia trentennale del movimento No Tav, men che meno a convincere me che ci dobbiamo arrendere. Di ultimi giapponesi in valle ce ne sono molti, nessuno si illuda che l'opposizione all'opera sia finita dopo un'inutile mozione in parlamento».

Non è un caso che Luigi Di Maio da qualche tempo non frequenti il Piemonte, a parte un blitz blindato per sostenere la traballante sindaca, che cerca di galleggiare e non sa che pesci pigliare in questo caos grillino. Con 5 senatori grillini che hanno ufficialmente chiesto le dimissioni del neo ministro alle Infrastrutture, la piddina Paola De Micheli, rea di avere precisato che: «Ora basta con i No politici ai cantieri. La Tav deve procedere il più rapidamente possibile, così come la Gronda di Genova. Sono contraria alla cosiddetta mini-gronda perché significherebbe perdere almeno altri sei anni attorno a un progetto pronto». La ministra, fresca di giuramento, ha così compattato i grillini puri-e-duri di Torino con quelli di Genova. Per tutti parla il senatore Michele Giarrusso: «La De Micheli deve ricordarsi che rappresenta un gruppo che è meno della metà del M5s. Se intende differenziare la propria posizione da quella del Movimento può benissimo farlo accomodandosi fuori dal governo e andando all'opposizione». Aggiunge la deputata di Castiglione Torinese, Jessica Costanzo: «L'uscita della ministra appena insediata è inopportuna. Non siamo scesi a compromessi con la Lega, non dobbiamo farlo col Pd. La Tav, con noi al governo, non deve essere fatta. Ci sono molte altre opere e cantieri da sbloccare con urgenza, si lavori per le reali priorità degli italiani».

Nel Pd tutti sono schierati con la ministra De Micheli. Dice il segretario, Nicola Zingaretti: «Sarebbe criminale perdere centinaia di milioni di investimenti e migliaia di posti di lavoro». Gli fa eco il senatore Vincenzo D'Arienzo: «Siamo sempre stati favorevoli alla Tav e non vogliamo ritornare a discussioni inutili, soprattutto adesso che nel programma di governo sulla Torino-Lione c'è scritto che vale l'accordo con la Francia». Mentre Sergio Chiamparino, ex governatore del Piemonte, ha scritto addirittura un libro, «Tav, perché Sì», e afferma: «Ho sempre sostenuto la necessità della Torino-Lione, lavorato per la costituzione dell'Osservatorio e della revisione del primo progetto, rivendicato i 2,4 miliardi che hanno permesso l'avvio dei cantieri». Lo stesso giorno (il 19 settembre) che si festeggeranno i primi 10 chilometri del tunnel, Giuseppe Conte riceverà a Roma in visita ufficiale Emmanuel Macron a cui potrà comunicare che la Torino-Lione procederà (forse) senza intoppi, pur se tra le proteste dei 5stelle. Sembrano lontani anni luce (invece era il 28 luglio, poco più di un mese fa) i tempi in cui Di Maio diceva: «La Lega non ha i numeri per far passare la Tav, dovrà usare i voti del Pd. Però usare i voti del Pd per fare un favore a Macron è una cosa che dovranno spiegare poi ai lori elettori».

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