La decisione di estromettere Aspi dalla ricostruzione del ponte Morandi è dipesa sia dall'urgenza di avviare i lavori per ripristinare tempestivamente un tratto autostradale essenziale per i collegamenti nella regione, sia dai dubbi insorti sull'opportunitá di affidare quei lavori al concessionario, alla luce della gravitá dell'evento verificatosi e delle prime risultanze delle indagini amministrative. E' quanto rileva la Corte Costituzionale nella motivazione, pubblicata
oggi, della sentenza che non ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il decreto Genova, impugnato dal Tar della Liguria. La Consulta sottolinea inoltre che l'esclusione di Aspi dalla gara per l'affidamento dei lavori è coerente con la normativa europea in materia di contratti pubblici ed è stata anche funzionale a una maggiore apertura alla concorrenza del settore delle costruzioni autostradali.
Le ragioni che hanno portato, con il decreto Genova, all'estromissione di Aspi dalle attivitá di demolizione e ricostruzione del ponte sono, in estrema sintesi, l'urgenza di avviare i lavori per il ripristino del tratto autostradale e i dubbi sull'opportunitá di affidarli al concessionario alla luce della gravitá del crollo del viadotto autostradale denominato Ponte Morandi, nonchè dei primi risultati delle indagini amministrative.
La pronuncia della Corte si conclude con tre dichiarazioni di infondatezza e quattro di inammissibilitá. Inammissibile, in particolare, è la questione che riguarda l'addebito ad Aspi dei costi della ricostruzione e degli espropri, poichè il Tar non ha chiarito a che titolo è stato effettuato l'addebito: se a titolo definitivo, oppure di mera anticipazione provvisoria, in attesa di eventuali accertamenti in merito a responsabilitá risarcitorie della concessionaria.
La sentenza spiega che l'estromissione di Aspi dalle attivitá di demolizione e ricostruzione del viadotto si è compiuta attraverso due passaggi. Anzitutto, il legislatore ha previsto che, per tali attivitá, non fosse attivata la convenzione di cui Aspi è parte e, dunque, che non fosse fatto valere l'obbligo di quest'ultima di fornire le prestazioni di demolizione e ricostruzione, nonostante Aspi ne avesse la volontá. In secondo luogo, si è precluso al commissario straordinario, incaricato di provvedere alla realizzazione dei lavori, di avviare una negoziazione con Aspi per l'affidamento dei lavori stessi.
La Corte ha ritenuto che ciascuno di questi due passaggi si fondasse su ragioni obiettive, congruenti o connesse con quelle esplicitate, sia pure
in modo non sempre limpido, nel decreto-legge.