L'italia fotografata dal Censis: caro bollette prima preoccupazione, anche dipendenti a rischio povertà
L'italia fotografata dal Censis: caro bollette prima preoccupazione, anche dipendenti a rischio povertà
Il 56° rapporto sulla situazione sociale del Paese: al quadro di preoccupazioni congiunturali si aggiunge quella più generale per la anomala crescita dell'inflazione (20,6%), in grado di erodere drasticamente il potere d'acquisto e il valore dei risparmi di tutte le famiglie

02/12/2022 12:41

La crisi energetica è la principale fonte di preoccupazione per le famiglie italiane: per il 33,4%, e la percentuale arriva al 43% tra le famiglie in una bassa condizione socio-economica, le piú colpite dall'aumento dei costi incomprimibili. A questo quadro di preoccupazioni congiunturali si aggiunge quella piú generale per la anomala crescita dell'inflazione (20,6%), in grado di erodere drasticamente il potere d'acquisto e il valore dei risparmi di tutte le famiglie. Una situazione che porta anche il lavoro dipendente a non essere piú al riparo dal pericolo della povertá. Nel 2021, sul totale degli occupati, il 9,7% si trovava in condizioni di povertá relativa. É la fotografia scattata dal Censis nel 56° rapporto sulla situazione sociale del Paese. Un quadro su cui pesa principalmente l'impennata dei prezzi energetici che ha fatto lievitare le bollette di luce e gas, e scatenato la folle corsa dell'inflazione che erode drasticamente il potere d'acquisto delle famiglie minandone la capacitá di risparmio.

Lo choc energetico, spiega il Censis, accresce il rischio che aumentino sensibilmente sia le persone in povertá energetica, che cioè non riescono a mantenere un livello adeguato di riscaldamento casalingo (l'8,8% delle famiglie italiane nel 2020) o che non riescono a far fronte alle bollette con il budget familiare a disposizione (il 5,6% delle famiglie è in ritardo con i pagamenti), sia quelle a rischio di povertá relativa o assoluta a causa della sempre piú ampia quota di reddito familiare da impiegare per le spese energetiche, che sottrae risorse per il resto dei consumi. La preoccupazione rimane alta anche tra le famiglie con status medio-basso (33,1%) e tra le famiglie piú agiate (32,3%).

Inflazione e caro bollette minacciano il benessere anche dei lavoratori dipendenti. Nel 2021, sul totale degli occupati, il 9,7% si trovava in condizioni di povertá relativa. Fra i lavoratori dipendenti la quota sale al 10,2%, nel Sud il dato raggiunge il 18,3%. Oggi in Italia nel settore privato si contano oltre 4 milioni di lavoratori che non raggiungono una retribuzione annua di 12mila euro. Di questi, in 412mila hanno un contratto a tempo indeterminato e un orario di lavoro a tempo pieno. Le persone soggette al rischio di povertá o di esclusione sociale, poiché vivono in famiglie a bassa intensitá di lavoro o a rischio di povertá, o in condizioni di grave deprivazione, sono pari al 25,4% della popolazione, ovvero oltre uno su quattro. A soffrire di piú è il Sud. Tra coloro a rischio di povertá o esclusione sociale il 41,2% è residente nel Mezzogiorno (a fronte del 21% nel Centro, del 17,1% nel Nord-Ovest e del 14,2% nel Nord-Est), per il 33,9% sono appartenenti a famiglie in cui il reddito principale è quello pensionistico (a fronte del 18,4% e del 22,4% appartenenti a famiglie con reddito principale da lavoro dipendente o da lavoro autonomo) e per il 64,3% sono membri di famiglie che percepiscono "altri redditi", il 56,6% dei quali si qualifica anche come individuo a bassa intensitá lavorativa. Infine viene nuovamente superata la soglia del 40% nel caso di persone appartenenti a famiglie dove almeno un componente non è italiano (42,2%) o dove vivono tre o piú minori (41,6%).

A causa del caro-bollette, circa 355.000 aziende (l'8,1% delle imprese attive) potrebbero subire un grave squilibrio tra costi e ricavi. La gran parte (l'86,6%) si colloca nel terziario, una parte minore (il 13,6%) nel settore industriale. Le criticitá interessano 3,3 milioni di addetti (il 19,2% del totale), di cui il 74,5% nel settore dei servizi (2,5 milioni di addetti) e il 25,5% nell'industria (850.000 addetti). Se si verificassero gli esiti giá osservati nelle passate ondate di crisi, sarebbero ancora una volta le microimprese a soffrire di piú. Ad affrontare la crisi energetica deve essere l'Unione europea. L'85,6% degli italiani auspica che sia l'Ue a contrattare in maniera unitaria e centralizzata le future forniture energetiche, in modo da avere un potere di negoziazione maggiore riuscendo così a ottenere il miglior prezzo possibile. Il protagonismo a tutti i costi dei singoli Paesi è bocciato dalla metá degli italiani (50,4%). Che in larghissima maggioranza ritengono necessari specifici fondi europei per favorire l'installazione di fonti di energia rinnovabili (92,9%). Gli italiani ritengono inoltre necessario l'impegno personale di ciascuno nel modificare le proprie abitudini di consumo in modo da impattare meno sull'ambiente (87,7%). Il 91,6% degli intervistati dichiara di acquistare preferibilmente elettrodomestici a basso consumo, il 90,1% di utilizzarli soltanto a pieno carico in modo da massimizzarne l'efficienza, l'84,3% riduce la temperatura del riscaldamento o rinuncia al condizionamento in alcune stanze arrivando, nel 77,7% dei casi, perfino a spegnere il riscaldamento nelle stanze meno usate. Il 95,9% dichiara di spegnere sempre le luci negli ambienti non utilizzati.

Il risparmio energetico deve essere inteso come politica industriale. Su 12,5 milioni di edifici ad uso residenziale, il 57% è stato costruito prima del 1970. Circa il 70% della popolazione italiana vive in abitazioni con piú di trent'anni d'etá. Un'abitazione in classe G (circa un terzo del totale e la quasi totalitá di quelle costruite prima del 1970) presenta consumi energetici mediamente quattro volte piú elevati rispetto a una in classe B (lo standard minimo per le nuove costruzioni). I consumi energetici del settore civile raggiungono il 45% del totale, e superiori a quelli dell'industria e dei trasporti. Dal funzionamento degli edifici (riscaldamento, raffrescamento, illuminazione, ecc.) si determina il 17,5% delle emissioni di CO2.

L'introduzione del Superbonus ha prodotto 43 miliardi di euro di investimenti autorizzati ad agosto 2022, che hanno attivato nel totale dell'economia (sia nella filiera delle costruzioni, sia nel resto dei settori) un valore di 90,5 miliardi di produzione, contribuendo per 57 miliardi alla formazione del Pil e attivando 700.000 nuovi addetti.