Il Recovery Fund dovrà essere approvato da 27 parlamenti
Il Recovery Fund dovrà essere approvato da 27 parlamenti
Basta un “no” e salta tutto. E quella decisione dovrà essere approvata dal Parlamento olandese. E che Mark Rutte riesca a fare approvare il Recovery Fund dal parlamento olandese non è affatto scontato

di di Tino Oldani 24/07/2020 08:15

Nel suo ultimo editoriale sul Corriere della sera, il senatore a vita Mario Monti, commentatore tra i più entusiasti dell'accordo raggiunto a Bruxelles sul Recovery Fund, fa notare – unico in Italia – un aspetto di una certa importanza. Testuale: «Il bilancio della Ue 2021-27 e il Recovery Fund, per dispiegare i loro effetti, richiedono che la decisione sulle nuove risorse proprie venga ratificata da tutti gli Stati membri, come se fosse una modifica dei Trattati (e magari qualche paese penserà di ricorrere a un referendum…)». Tutto ciò, anche se Monti non lo dice, è dovuto al fatto che nelle 68 pagine dell'accordo di Bruxelles, suddiviso in ben 159 capitoli, sono state introdotte non poche innovazioni sul piano delle procedure e dei controlli di merito da parte dell'euroburocrazia sui finanziamenti da erogare, innovazioni che non sono previste in nessuno dei trattati europei, tantomeno nel trattato di Lisbona sul funzionamento dell'Unione europea, che di fatto, in mancanza di una Costituzione europea, ne fa le veci.

Ciò comporta che le innovazioni relative al Recovery Fund, benché approvate dal Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo, al momento non hanno alcuna base giuridica, e, per averla, devono sottostare all'approvazione di tutti i 27 Parlamenti dei paesi Ue, esattamente come avviene per i trattati. In caso contrario, salterebbe tutto. Ma questo è bene farlo spiegare dallo stesso Monti: «Tanto per dirne una, quella decisione sulle risorse proprie dovrà essere approvata dal Parlamento olandese. Non vorremmo, spero, offrire ai parlamentari olandesi l'occasione ghiotta di dimostrare che loro, sì, sanno essere intransigenti verso paesi che non mettono in ordine la loro economia, non quel mollacchione di Rutte… Basterebbe il no di un parlamento. Niente risorse proprie. Niente possibilità per la Ue di indebitarsi sul mercato. Niente bilancio settennale. Niente Recovery Fund. Che comportino o no forme esplicite di condizionalità, gli aiuti di altri mettono comunque in posizione subalterna».

Per Monti, di fronte all'incognita del voto di 27 paesi Ue, «non dobbiamo illuderci che il superfreno che il solito Rutte avrebbe voluto (la possibilità per un singolo paese di far bloccare le erogazioni del Recovery Fund a paesi che non rispettino le condizioni pattuite), non adottato dal Consiglio, sia uscito di scena». Anche qui giova una chiosa: che il premier Mark Rutte riesca a fare approvare il Recovery Fund dal parlamento olandese non è affatto scontato. Egli infatti guida un governo che, in Senato (detto «Camera alta» in Olanda) , è senza maggioranza, e ogni volta deve trovarsi l'alleato disposto ad appoggiarlo per fare passare i provvedimenti di legge.

Tutto ciò dipende dal voto per il Senato (75 seggi), avvenuto nel marzo 2019, due anni dopo che, nel 2017, il governo Rutte si era formato con una maggioranza risicata di 38 seggi. A sorpresa, il voto per il Senato ha visto il successo di un nuovo partito, il Forum di Thierry Baudet, nuova star della galassia populista europea, uno che non esita a dichiararsi anti-europeista, ostile all'immigrazione e contrario alla politica di difesa del clima, che ha ottenuto 12 seggi. Non solo: il Forum di Baudet ha superato, portandogli via dei seggi, l'altro partito populista olandese, guidato dallo xenofobo Geert Wilders, che è sceso da 9 a 5 seggi.

Anche il partito popolare di Rutte ha conquistato 12 senatori, ma la coalizione di quattro partiti che lo sorregge (popolari, cristiano-democratici, liberal- progressisti, e calvinisti) ha perso terreno, scendendo da 38 a 31 seggi, e non ha più la maggioranza. In Olanda si tornerà a votare nella prossima primavera, e non è un mistero che Rutte stia recitando la parte del duro, contrario a concedere in sede Ue aiuti ai paesi del Sud Europa, poiché è su questo terreno che i populisti di Baudet e Wilders gli hanno già portato via una parte dei consensi. E altrettanto minaccia di fare un suo alleato, il ministro delle Finanze, Wopke Hoekstra, cristiano democratico, che mira a sfilargli la poltrona di premier, e non perde occasione per prendere le distanze: da tempo si è costruito una nomea di falco all'interno dell'Eurogruppo, e in aprile è stato il primo ad opporsi alla richiesta dei Coronabond avanzata dall'Italia per superare la crisi da pandemia, anche con battute insultanti per il nostro paese. Insulti che ora piovono su Rutte da molti siti web olandesi, insoddisfatti di ciò che il premier ha ottenuto sul Recovery Fund.

Conclusione: l'europeista Monti ha ragione di dolersi quando pone in dubbio l'approvazione del Recovery Fund da parte di qualche parlamento, segnatamente di quello olandese. Con la conseguenza di fare saltare tutto l'impianto giuridico del Recovery Fund, compresi i prestiti e sussidi. Un allarme da non sottovalutare, visto un precedente: l'Olanda, con la Francia, nel 2005, ha già bocciato la Costituzione europea, che era costata anni di preparativi. La Costituzione è di norma la base giuridica su cui si fonda uno Stato e il suo potere di fare le leggi. Ma l'Unione europea ne è priva, lacuna che ne indebolisce l'architettura istituzionale, tenuta insieme da trattati infarciti da regole burocratiche, che spesso prevalgono sui principi.

Per supplire a questa mancanza, nel 2007 è stato approvato il Trattato di Lisbona (entrato in vigore nel 2009), che oltre a definire i principi e gli obiettivi dell'Ue, comprende il TfUe (Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), dove sono statuite le basi giuridiche per le decisioni europee, sia politiche che burocratiche, nel rispetto di procedure spesso lente e defatiganti. Procedure che ora necessitano di non pochi aggiornamenti per attuare il Recovery Fund, che non a caso è stato incastonato nel bilancio Ue poliennale 2021-27 proprio per conferirgli una base giuridica solida. Ovviamente, a patto che 27 parlamenti Ue dicano tutti sì. Altrimenti, sarà un fiasco storico.

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