"Non posso stare in compagnia di questi qui. Non ci sto. Non intendo andare avanti con l'alleanza con il Pd". Con queste parole, ieri, il leader di Azione, Carlo Calenda, ha rotto il patto elettorale siglato solo 5 giorni fa con Pd e +Europa. Il patto elettorale che lo legava al centrosinistra prevedeva 70% dei
collegi al Pd e 30 al suo partito. Il voltafaccia repentino, però, è dovuto al fatto che Letta ha siglato, nel frattempo, un'alleanza con i Verdi e Sinistra Italiana. "Si tratta di persone che hanno votato 54 volte la sfiducia Draghi", ha spiegato il leader di Azione a Lucia Annunziata su Rai3 sottolineando che la difficoltá ad allearsi con tali figure. "Nei giorni scorsi sono andato da Enrico Letta e gli ho proposto di fare un'alleanza netta, rinunciando ai collegi, avrei accettato anche solo il 10 per cento", ha ricordato Calenda sottolineando che all'interno del contratto elettorale "c'erano due pulsioni. Una a fare una proposta di governo e una a fare il Comitato di liberazione nazionale e alla fine Enrico è rimasto al Cln. Si sono aggiunti dei pezzi stonati". É chiaro il riferimento di Calenda anche a Bruno Tabacci e Luigi Di Maio, leader di Impegno civico, con cui il segretario del Pd ha annunciato di aver chiuso degli accordi sui seggi uninominali in vista delle elezioni del 25 settembre. "Enrico lo avevo giá informato il giorno prima. Sapeva, perchè glielo avevo detto, che non sarei stato nell'alleanza se si fosse siglato con Fratoianni, Bonelli e Di Maio un patto che di fatto rendeva la coalizione un'ammucchiata", ha detto Calenda al Corriere della Sera. "Per la veritá ho fatto di tutto per essere alleato con Letta, compreso proporgli di dividere i collegi 90% a loro e 10% a noi", ha aggiunto Calenda sottolineando che "penso che Letta si sia trovato di fronte a un bivio che il Partito democratico ha affrontato tante volte nella sua storia. Quello tra una scelta riformista o un'alleanza in cui mettere tutto e il contrario di tutto. Alla fine ha scelto questa seconda strada. E questo è stato l'errore di Letta". "Il Pd poteva scegliere tra fare l'ammucchiata 'contro' e fare un progetto politico serio, alla fine ha scelto l'ammucchiata contro. E l'ammucchiata contro perderá. Non solo: non dará mai un'alternativa agli italiani. Cercare di mettere insieme tutti gli ex 5 Stelle possibili e immaginabili, noi, Fratoianni, Bonelli, è un'operazione che non puoi spiegare agli italiani. Non puoi spiegare che per difendere la Costituzione fai un patto con gente con cui sai che non governerai mai. Nessuno può comprenderlo", ha precisato ancora il leader di Azione.
Dura la replica del segretario dem. "Mi sento di poter dire che Calenda può stare, secondo quello che lui stesso ha detto, solo in un partito che guida lui, in una coalizione di cui è il solo leader e in cui non ci sia nessun altro. Le cose che ha detto in questi giorni, e nell'intervista a Lucia Annunziata su Rai3, denotano che è sufficiente a se stesso e incapace di parlare con chiunque altro", ha detto Letta in un'intervista a La Stampa. "Se un politico, un uomo di Stato, fa saltare gli accordi che ha firmato perchè ha cambiato idea non c'è piú politica, siamo su Twitter, dove si può cambiare idea ogni minuto. Ecco, credo che Calenda abbia scambiato Twitter con il mondo reale", ha aggiunto il segretario del Pd precisando che "nel documento c'era scritto che ci sarebbero state altre intese e avevamo chiarito che sarebbero state obbligate dalla legge elettorale, portando elementi di convergenza soprattutto di natura istituzionale. Per questo lo avevo chiamato "patto per la Costituzione".
Matteo Renzi, vede nello strappo di Calenda l'opportunità di realizzare il cosiddetto Terzo polo. "Tra tante difficoltá internazionali e domestiche ora è il momento della Politica con la P maiuscola. Abbiamo un'opportunitá straordinaria. #Terzopolo", ha scritto ieri il leader di Italia Viva. Sulla possibile alleanza con Renzi, "sicuramente ci incontreremo e parleremo", ha chiarito lo stesso Calenda aprendo uno spiraglio di trattativa. Piú duro il leader del Pd. "Renzi e Calenda sono stati eletti, entrambi, con il Pd. Sono loro ad avere un problema, non noi. Devono spiegare all'opinione pubblica quello che mi sembra evidente: non riescono a stare in un gioco di squadra. O comandano o portano via il pallone", ha commentato Letta sottolineando che "questa logica del centro è residuale rispetto a comportamenti individuali, non c'è una strategia politica. E visto che non vedo folle di elettori leghisti o di Fratelli d'Italia che corrono verso di loro, è un modo per aiutare Meloni e Salvini, non per contrastarli".