I permessi premio non si negano a nessuno
I permessi premio non si negano a nessuno
Benefici penitenziari anche per i detenuti minorenni e giovani adulti condannati per i cosiddetti reati ostativi (su tutti associazione mafiosa e sequestro di persona a scopo di estorsione), anche se, dopo la condanna, non hanno collaborato con la giustizia.

05/12/2019 00:14

Giusto premiare il detenuto per un reato di associazione mafiosa se collabora con la giustizia. Inammissibile punirlo ulteriormente per la mancata collaborazione. In questo caso la presunzione di pericolosità resta ma non in modo assoluto, perché può essere superata se il magistrato di sorveglianza ha acquisito elementi tali da escludere che il detenuto abbia ancora collegamenti con l'associazione criminale. Con la sentenza n.253 depositata ieri (relatore Nicolò Zanon), la Corte costituzionale ha reso note le motivazioni della decisione presa nella camera di consiglio del 23 ottobre (si veda ItaliaOggi del 24 ottobre) sui cosiddetti «reati ostativi», ossia quelli in particolare di tipo mafioso, per i quali l'art.4 bis primo comma dell'Ordinamento penitenziario non contemplava alcuna possibilità di permesso premio a beneficio del detenuto in caso di mancata collaborazione di quest'ultimo con la giustizia. A chiamare in causa la Consulta sono state le questioni di legittimità sollevate dalla Corte di cassazione e dal Tribunale di sorveglianza di Perugia secondo cui la presunzione assoluta stabilita dall'art 4 bis sarebbe stata in contrasto con la Costituzione. Una tesi condivisa dai giudici delle leggi secondo cui, «mentre non è irragionevole presumere che il condannato non collaborante non abbia rescisso i legami con l'organizzazione criminale di originaria appartenenza, lo è invece impedire che quella presunzione sia superata da elementi diversi dalla collaborazione». Spetterà al magistrato di sorveglianza valutare se il detenuto ha ancora o meno legami con il proprio sodalizio criminale. Tale valutazione dovrà essere fatta sulla base sia delle relazioni dell'Autorità penitenziaria sia delle dettagliate informazioni acquisite dal competente Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica. La Corte ha infine chiarito che la dichiarazione di illegittimità costituzionale deve essere estesa a tutti i reati compresi nell'elenco contenuto nel primo comma dell'articolo 4 bis (al di là, quindi, di quelli di associazione mafiosa e di «contesto mafioso»). Diversamente, ne deriverebbe «una paradossale disparità di trattamento in danno dei detenuti».

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