Aiuti da Covid in corto circuito
Aiuti da Covid in corto circuito
Scatta il corto circuito sugli aiuti di stato concessi a causa del Covid-19. Il 13 ottobre scorso la commissione europea ha portato fino a tre mln di euro il tetto di aiuti concedibili, senza dover sottostare al via libera di Bruxelles. Ma l’Italia ne ha abusato e ora rischia

di di Luigi Chiarello 30/10/2020 07:12

I nodi vengono al pettine e scatta il corto circuito sugli aiuti di stato concessi a causa del Covid-19. Il 13 ottobre 2020 la commissione europea ha portato fino a tre mln di euro il tetto di aiuti concedibili per singola impresa (o gruppo di imprese), senza dover sottostare al via libera di Bruxelles. Ma la decisione del governo italiano di ricorrere in modo massimo a questo strumento nella fase di pandemia, rischia di bloccare l'erogazione dei sostegni alle imprese. Ed espone queste ultime al rischio di recuperi forzosi per incentivi illecitamente percepiti. Vediamo perché.

Il 22 settembre 2020, ItaliaOggi aveva rivelato del rischio «ghigliottina» per gli aiuti straordinari alle imprese, erogati a causa del coronavirus. Tra questi l'esonero del saldo Irap 2019 (previsto dall'art. 24 del decreto legge 34/2020), la decontribuzione previdenziale e gli incentivi all'ammasso privato dei prodotti agricoli; sono tutti sostegni concessi a seguito del primo lockdown, senza la preventiva notifica alla commissione europea da parte del governo italiano e la successiva approvazione dell'esecutivo Ue. Lasciapassare, questo, che avrebbe consentito all'Italia di dormire sogni tranquilli, evitando alle imprese un eventuale recupero per aiuti illecitamente percepiti; perché questi sarebbero stati autorizzati direttamente dall'Ue.

Al contrario (e a differenza di quanto fatto da altri stati europei), tutti questi sostegni - e altri successivi - sono stati erogati dal governo italiano nel quadro del Temporary framework sugli aiuti di stato, deciso dalla Commissione europea per l'emergenza Covid-19. Cioè, sono stati erogati senza dover ricorrere alla preventiva notifica alla commissione, sulla falsariga di quanto normalmente avviene col regime de minimis.

Solo che, come per il regime de minimis, anche il Temporary framework prevede massimali di aiuto per singola impresa, superati i quali scatta il recupero. O, nella migliore delle ipotesi, il blocco delle erogazioni da parte dell'amministrazione erogante (e vigilante).

Bene: una circolare del Dipartimento politiche europee della Presidenza del consiglio dei ministri, indirizzata alle amministrazioni centrali e regionali italiane e alla rappresentanza italiana a Bruxelles, datata 18 giugno 2020 e stranamente balzata agni onori delle cronache due giorni fa, ha confermato l'allarme che ItaliaOggi aveva lanciato a fine settembre. E che sembrava finito nel dimenticatoio.

Di più: la medesima circolare ha introdotto un ulteriore elemento di crisi, chiarendo che il massimale di aiuti del Temporary framework non va imputato alla singola unità produttiva, ma all'intero gruppo di cui l'azienda fa parte.

«Le verifiche sul rispetto delle soglie e del cumulo devono essere effettuate rispetto non alla singola impresa, ma rispetto al concetto di singola unità economica, anche nel caso in cui un'unità economica ricomprenda diverse entità giuridiche», si legge nella circolare. E ancora: «Ne deriva che, quando si fa riferimento a soglie e limiti di cumulo per impresa, il calcolo deve essere effettuato rispetto all'unità economica a cui la singola impresa appartiene». Cioè al gruppo.

Tradotto: è l'intero gruppo (e non la singola impresa che ne fa parte) a dover rispettare il tetto di aiuti previsto nel Temporary framework. Questo massimale, ricordiamolo, è stato fissato a quota 800 mila euro per impresa o industria. E a 100 mila euro per le attività agricole.

L'interpretazione restrittiva contenuta nella circolare della presidenza del consiglio rappresenta, dunque, una vera e propria stretta, rispetto alle attese delle aziende e ai rischi di recupero degli aiuti erogati. Attese che pure erano note, se è vero come è vero che la circolare dell'Agenzia delle entrate n. 25/E del 20 agosto 2020, al punto 1.1.4, aveva già confermato che l'esonero del saldo Irap 2019 andava indicato nel prospetto degli aiuti di stato contenuto nella dichiarazione Irap 2020.

In pratica, l'Amministrazione finanziaria aveva già avvertito le imprese che lo sgravio va tracciato nel Registro nazionale aiuti di stato, computato, reso noto a Bruxelles e cumulato nel grande calcolatore del quadro temporaneo di aiuti. E se si sfora il tetto? Scatta il recupero dei fondi illegittimamente percepiti.

Detto ciò, va anche aggiunto che la circolare della Presidenza del consiglio, seppur confermando la «ghigliottina» su sussidi e incentivi è superata rispetto ai massimali. La commissione europea, infatti, il 13 ottobre scorso ha esteso fino al 30 giugno 2021 il Temporary framework sugli aiuti di stato, che doveva scadere a fine 2020.

Contemporaneamente, l'esecutivo Ue ha introdotto un nuovo punto al regime temporaneo sugli aiuti di stato, che supera i limiti di 100 mila e 800 mila euro; la nuova misura consente agli Stati membri di sostenere le imprese che subiscono un calo di fatturato di almeno il 30% rispetto allo stesso periodo del 2019, a causa della pandemia. Questo sostegno dovrà servire a coprire una parte dei costi fissi dei beneficiari che non sono coperti dalle loro entrate, fino a un importo massimo di 3 milioni di euro per impresa: l'intensità massima di aiuto è del 70% dei costi fissi non coperti (90% per le piccole e micro imprese).

In buona sostanza, le imprese potrebbero anche evitare il recupero degli sostegni percepiti ed usufruire di maggiore elasticità; ma il problema è che questa seconda via non è facilmente percorribile, per via delle condizioni stringenti che impone. Specie per il comparto agricolo.

A confermarlo è Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, che a ItaliaOggi dichiara: «Abbiamo denunciato i massimali inadeguati sin da inizio settembre, quando i pagamenti di Agea legati a diversi strumenti dei decreti Agosto e Rilancio si fermavano per non superare le soglie. Abbiamo chiesto, sin dall'inizio, un innalzamento del Temporary framework per non vanificare gli interventi d'emergenza, ma la risposta della Commissione Ue è stata la proroga dello stesso con i medesimi massimali e l'introduzione di un ulteriore massimale portato a 3 mln, ma limitato ad aziende praticamente fallite».

E ancora: «Quello che più dispiace è vedere che altri paesi, come Germania e Olanda, hanno bypassato questi limiti, notificando appositi regimi di aiuto anche nella scorsa estate; cosa che la nostra burocrazia avrebbe potuto tranquillamente fare e non ha fatto. È importante che si capisca ora che senza modifica dei massimali di aiuto anche le discussioni sui nuovi ristori sono acqua fresca».

Già, perché in assenza di notifica ad hoc a Bruxelles, anche il nuovo decreto legge Ristori ricadrà nell'alveo del Temporary network, erodendo il massimale. La vicenda, dunque, non lascia tranquille le imprese.

Ieri, in serata, una nota del Dipartimento politiche europee, che ha redatto la circolare di giugno, tentava di calmare le acque: «Non sussiste alcun pericolo che alcune imprese italiane debbano restituire parte delle agevolazioni e dei sussidi ricevuti quest'anno in quanto potrebbero essere considerati dalla Commissione come eccedenti i limiti previsti dal Quadro temporaneo sugli aiuti di stato. La commissione europea», si legge nel comunicato diramato, «ha aperto uno spazio importante per la copertura dei sussidi alle imprese nel corso del 2020 e ha più volte confermato la sua forte determinazione in questo senso. Sono in corso interlocuzioni tra Roma e Bruxelles per la corretta interpretazione della complessa normativa in materia, ma l'eventualità paventata della restituzione può essere esclusa fin d'ora».

Sarà, ma per il momento le amministrazioni vigilanti ed eroganti hanno sospeso le erogazioni per chi ha superato il tetto.

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