Accoglienza garantita anche a chi abbia commesso reati
Accoglienza garantita anche a chi abbia commesso reati
Anche al richiedente protezione internazionale che abbia commesso reati debbono essere garantite le condizioni materiali di accoglienza (alloggio, vitto, vestiario e un sussidio per le spese giornaliere). Lo affermano i giudici della Corte di Giustizia dell’Unione europea

di di Andrea Magagnoli 06/08/2022 00:14

Anche al richiedente protezione internazionale che abbia commesso reati debbono essere garantite le condizioni materiali di accoglienza (alloggio, vitto, vestiario e un sussidio per le spese giornaliere). Lo affermano i giudici della Corte di Giustizia dell'Unione europea con la sentenza emessa nella causa n. 422-2022 depositata il giorno 1/8/2022. Il caso di specie, trae origine dall'azione intentata da parte di un richiedente protezione internazionale ospite di un centro di accoglienza temporanea nei confronti dello Stato italiano. Allo straniero infatti erano state revocate le condizioni materiali di accoglienza che gli spettavano in seguito alla sua richiesta di protezione internazionale, sulla base della contestazione di precedenti condotte realizzate sul suolo italiano che lo avevano visto come protagonista di atti violenti nei confronti di pubblici ufficiali.

Il giudice amministrativo di primo grado, innanzi al quale era stata portata lo questione sospendeva la decisione dell'amministrazione. Ad avviso dei giudici amministrativi di primo grado in nessun caso poteva essere riconosciuto all'amministrazione il potere di privare lo straniero delle risorse minime per la propria vita. Tuttavia il procedimento faceva ulteriore corso innanzi al Consiglio di Stato a seguito del ricorso dell'amministrazione ed in tale sede veniva effettuato rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea al fine di chiarire la compatibilità tra una norma nazionale che consenta di limitare il godimento delle condizioni materiali di accoglienza ed i principi posti dall'ordinamento comunitario.

Tale facoltà nell'ordinamento italiano è consentita dall'art. 23 del dl n. 142/2015 che consente al Prefetto di revocare le condizioni materiali di accoglienza in precedenza riconosciute allo straniero richiedente protezione internazionale qualora egli si sia reso protagonista di condotte antisociali. La questione viene risolta da parte dei giudici europei sulla base dell'esame di due disposizioni contenute nella direttiva n.33/2013/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 luglio 2013. La predetta direttiva contiene infatti due specifiche norme necessarie a contemperare le opposte esigenze nel caso di permanenza nel territorio nazionale di uno straniero che abbia richiesto la protezione internazionale che abbia realizzato condotte delittuose. Osservano sul punto i giudici europei come l'art. 20 par. 4 prevede la facoltà di revoca delle condizioni di accoglienza nel caso di condotte illecite od atti violenti da parte di chi abbia fatto richiesta della protezione internazionale. Tuttavia tale facoltà non può essere esercitata in maniera illimitata trovando una limitazione da quanto previsto nel successivo par. 5 del medesimo articolo della direttiva che a propria volta contiene un principio volto in questo caso alla tutela della dignità del richiedente protezione internazionale.

Quest'ultimo infatti anche nel caso in cui si sia reso responsabile di atti violenti non potrà in ogni caso essere privato delle risorse necessarie che gli consentano il soddisfacimento dei bisogni più elementari. Una norma nazionale diretta a prevedere la facoltà per l'amministrazione di revocare senza alcun limite i benefici minimi concessi al richiedente protezione internazionale, precisano i giudici europei, certamente contrasterebbe con l'ordinamento comunitario e con i suoi principi che vogliono che in ogni caso venga tutelata la dignità della persona umana indipendentemente dalla sua nazionalità.